Il deputato di Sinistra Italiana spiega in una intervista a Responsabile Civile le motivazioni che hanno spinto a proporre il ddl per la tutela dei diritti della partoriente e del neonato

“Nessun attacco alle categorie di ginecologi e ostetrici”. L’on. Adriano Zaccagnini di Sinistra Italiana butta acqua sul fuoco della polemica nata dalla presentazione  del “suo” disegno di legge Norme per la tutela dei diritti della partoriente e del neonato e per la promozione del parto fisiologico”, argomento che Responsabile Civile ha trattato nei giorni scorsi e che abbiamo approfondito con un’intervista allo stesso Zaccagnini.

“La proposta di legge – precisa l’onorevole – mira a proteggere i diritti fondamentali della partoriente e del neonato, in linea con l’OMS e le Convenzioni internazionali e nella direzione della sicurezza e appropriatezza dell’assistenza alla maternità e nascita. La proposta in questione mira a dare concreta attuazione al principio costituzionale della libera autodeterminazione ai trattamenti sanitari (art 2 e art 32 della Costituzione italiana). Tale diritto non può subire alcuna limitazione se si tratta di donne in procinto di partorire”.

Ma da quale esigenza nasce il ddl per la tutela dei diritti della partoriente e del neonato? “La proposta di legge presentata alla Camera è il punto di arrivo di un lavoro di 2 anni, che ci ha portato a conoscere storie ed esperienze di operatori sanitari che evidenziano come il parto fisiologico non medicalizzato abbia riscontri migliori sulla salute del neonato e della madre, a partire da una maggiore facilità di allattamento e da una riduzione dei problemi in ottica di future gravidanze. Il nostro lavoro nasce dalla voglia di offrire più strumenti affinché il parto si svolga nel modo più naturale possibile. Evitando il ricorso a tecniche medicalizzanti che spesso vengono utilizzate dalle strutture sanitarie sulla base di motivazioni che non mettono in primo piano il benessere della partoriente e del neonato, e configurando dei veri e propri abusi che peraltro spesso vengono effettuati senza il preventivo consenso informato da parte della paziente”.

Zaccagnini si sofferma in particolare su alcuni casi che, a suo avviso, rendono urgente l’approvazione della proposta di legge. “Prendiamo ad esempio il caso della donazione del cordone. In Italia ci sono 19 banche che fanno business sulla donazione del sangue cordonale. Affinché la donazione abbia successo è necessario che il clampaggio avvenga precocemente, entro 60 secondi dall’espulsione, ma tale pratica, che  blocca il trasferimento del sangue placentare al neonato limita i benefici del clampaggio tardivo, quali ad esempio, il minor rischio di sviluppare anemia. In questo caso, così come su tutte le fasi del parto, le strutture ospedaliere dovrebbero fornire informazioni complete, anche evidenziando eventuali controindicazioni”.

Zaccagnini insiste sulla necessità di una corretta informazione ai pazienti come prima forma di prevenzione. “E’ necessaria un’attività di corretta e completa informazione, mediante campagne di sensibilizzazione  o attraverso l’attività dei consultori, che responsabilizzi la coppia, non solo la mamma, di fronte al parto. E’ fondamentale che la coppia sia preparata a tutti i momenti del parto e sia pienamente consapevole dei benefici e rischi derivanti dall’utilizzo delle pratiche messe in atto in modo da poter tutelare il benessere del neonato e della partoriente”.

D’altra parte le associazioni di ginecologi e ostetrici sono compatte nel criticare la nuova proposta di legge. Sottolineano, infatti, che nel nostro Paese non c’è bisogno di nuove leggi per garantire elevati standard qualitativi ma sarebbe sufficiente rispettare la normativa vigente come ad esempio il Decreto Ministeriale 70. Zaccagnini non si tira indietro dal merito delle critiche mosse dai medici. “La posizione di queste associazioni è in parte condivisibile, ma non tiene conto di un aggiornamento necessario nel contesto italiano. La legge 70 è disapplicata perché non ci sono sanzioni adeguate o realmente influenti per la sua applicazione. A mio avviso la proposta di legge di mia iniziativa va nella direzione di colmare questo vuoto,  rafforzando la legge 70 e in un contesto di responsabilizzazione del personale sanitario”.

 

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