Restituzione dell’assegno di invalidità (Cass. civ., sez. VI – L, 4 agosto 2022, n. 24180).

Restituzione dell’assegno di invalidità solo dal momento della comunicazione della visita di revisione.

La Corte d’appello di Lecce, a conferma della sentenza del Tribunale di Lecce, ha riconosciuto il diritto dell’Inps alla restituzione delle somme indebitamente percepite dalla ricorrente a titolo di assegno di invalidità per il periodo 1.11.2010/30.6.2014 ovvero dalla data in cui l’assistita era stata sottoposta a visita di revisione (2010) e fino al momento del provvedimento di comunicazione (2014).

In estrema sintesi, la Corte territoriale ha ritenuto irrilevante, rispetto al diritto alla ripetibilità, l’accertamento di un particolare stato soggettivo dell’accipiens

«L’indebito assistenziale che si è determinato per il venir meno del requisito sanitario, a seguito di visita di revisione, abilita alla restituzione solo a far tempo dal provvedimento con cui l’esito di detto accertamento sia comunicato al percipiente, salvo l’erogazione indebita sia addebitabile all’assistito e non sussistano le condizioni di un legittimo affidamento».

In tali termini si è pronunziata la Suprema Corte che accoglie il ricorso della beneficiaria  che in primo e secondo grado si era vista riconoscere il diritto dell’INPS alla restituzione di somme dalla stessa indebitamente precipite a titolo di assegno di invalidità.

La beneficiaria impugna in Cassazione la decisione della Corte d’Appello di Lecce e gli Ermellini, dando seguito al consolidato orientamento sulla materia, ritengono le censure fondate.

Il principio di diritto ribadito dalla Cassazione recita che «in tema di indebito assistenziale trova applicazione, in armonia con l’art 38 Cost., la disciplina peculiare, diversa sia da quella generale dettata dall’art. 2033 c.c. che da quella prevista con riferimento alle pensioni o ad altri trattamenti previdenziali, appositamente dettata in materia».

Con l’unico motivo di ricorso la ricorrente deduce “Violazione e/o falsa applicazione della L. n. 88 del 1989, della, della L. n. 412 del 1991, art. 13, del D.P.R. n. 698 del 1994, art. 5, della L. n. 425 del 1996, art. 4, della L. n. 448, art. 37, e dell’art. 2033 c.c., nonché dei principi costituenti diritto vivente in materia di prestazioni assistenziali indebite.

La censura è fondata in base al principio per cui “In tema di indebito assistenziale trova applicazione, in armonia con l’art. 38 Cost., la disciplina peculiare, diversa sia da quella generale dettata dall’art. 2033 c.c., che da quella prevista con riferimento alle pensioni o ad altri trattamenti previdenziali, appositamente dettata in materia”.

In particolare, si è delineato il principio in base al quale trova applicazione “la regola propria del sottosistema assistenziale”, che esclude la ripetizione in presenza di situazioni di fatto variamente articolate, ma comunque aventi generalmente come minimo comune denominatore la non addebitabilità all’accipiens della erogazione non dovuta ed una situazione idonea a generare affidamento.

Questo significa che la restituzione dell’assegno di invalidità non può essere pretesa laddove non può essere addebitato al beneficiario l’incameramento di importi sempre percepiti.

La decisione impugnata non ha esaminato la fattispecie in base ai principi esposti e prescindendo dalla verifica della condizione soggettiva dell’accipeins, pertanto, è incorsa in errore di diritto-

Cassata con rinvio alla Corte territoriale di Lecce in diversa composizione.

Avv. Emanuela Foligno

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