Revisione dell’aggravamento dei postumi dell’infortunio: il termine di 10 anni fissato dal legislatore per il riconoscimento del diritto alla revisione (Cassazione civile sez. VI, 20/01/2022, (ud. 09/11/2021, dep. 20/01/2022), n.1720).

Revisione per aggravamento infortunio. La Corte di Appello di Catanzaro, in parziale riforma della pronuncia emessa dal Tribunale di Castrovillari, rigettava la domanda proposta dal lavoratore finalizzata ad ottenere, nei confronti dell’INAIL, il riconoscimento del diritto alla rendita nella misura del 18% a titolo di revisione per l’aggravamento dei postumi, relativi ad un infortunio sul lavoro, per il quale gli era stato riconosciuto un indennizzo pari ad una menomazione della integrità psicofisica del 7%.

Revisione per aggravamento infortunio respinta. La Corte territoriale ha ritenuto infondata la richiesta rilevando che l’aggravamento era intervenuto oltre i 10 anni decorrenti dal riconoscimento della rendita che era avvenuta in data 21.1.2005 e non, come affermato in primo grado, nel 2008; ha, poi, ritenuto corretta la statuizione sulle spese della CTU.

Il lavoratore impugna in Cassazione. Con il primo motivo denuncia la violazione ed errata applicazione degli artt. 434 e 342 c.p.c., per non avere la Corte di merito sottoposto l’atto di appello ad una attenta disamina circa l’ammissibilità dello stesso.  Con il secondo motivo censura l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia perché, contrariamente a quanto definito dalla Corte di merito, il termine di 10 anni fissato dal legislatore per il riconoscimento del diritto alla revisione per aggravamento dei postumi, non era spirato sia nel caso in cui la decorrenza fosse stata individuata alla data del riconoscimento, avvenuta con provvedimento del 2008, sia nel caso in cui il termine di decorrenza fosse quello del settembre 2011 (quando si era verificata una ricaduta della lesione) perché il CTU aveva fissato il diritto al riconoscimento della prestazione peggiorativa alla data del 2016.

Gli Ermellini sottolineano che l’atto introduttivo dell’appello consentiva di individuare sia l’area del devoluto, sia la natura delle censure mosse alla pronuncia impugnata e le conseguenze sul contenuto della decisione che derivavano dal loro accoglimento.

Il secondo vizio denunciato riguarda la pregressa formulazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5, mentre nella nuova, introdotta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, convertito con modifiche nella L. 7 agosto 2012, n. 134, non è più configurabile il vizio di contraddittoria motivazione della sentenza, atteso che la norma suddetta attribuisce rilievo solo all’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che sia stato oggetto di discussione tra le parti, non potendo neppure ritenersi che il vizio di contraddittoria motivazione sopravviva come ipotesi di nullità della sentenza ai sensi del medesimo art. 360 c.p.c., n. 4) (cfr. Cass. n. 13928 del 2015).

Ad ogni modo, le censure sono volte a ottenere una rivisitazione del merito della decisione che, attraverso un esame degli atti e con motivazione logica e adeguata, è giunta alla conclusione che l’aggravamento pari al 14% decorresse dal luglio 2016 (dato non censurato in appello) e che il riconoscimento dell’indennizzo in capitale era, invece, avvenuto il 21.1.2005.

L’ipotesi di fare risalire il diritto al riconoscimento della revisione alla data del 2011 (data della ricaduta), costituisce questione nuova e, in quanto tale, inammissibile in Cassazione.

Difatti, in Cassazione non è consentita la prospettazione di nuove questioni di diritto o contestazioni che modifichino il “thema decidendum” ed implichino indagini e accertamenti Il ricorso viene integralmente rigettato, con conferma della sentenza d’Appello impugnata che riconosceva la decorrenza dell’aggravamento dell’infortunio dal 2016.

Avv. Emanuela Foligno

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