Ciò che è pacifico è che le formali richieste di notizie da parte dell’Ispettorato del Lavoro devono essere portate a conoscenza dell’impresa o comunque del datore di lavoro, perché possa dirsi integrato il reato

Lo ha affermato la Terza Sezione Penale della Cassazione (sentenza n. 44286/2019) nell’ambito di una vicenda concernente la responsabilità del legale rappresentante di una ditta individuale ritenuta colpevole del reato di cui alla L. n. 628 del 1961, art. 4, comma 7, per non aver fornito nella sua qualità le notizie legalmente richieste dall’Ispettorato del Lavoro di Treviso, a seguito di una visita ispettiva effettuata nella sede dell’attività.

Per tali fatti l’imputata era stata condannata alla pena di 100 euro di ammenda.

Come noto l’art. 4, comma 7 della L. n. 628 del 1961 sanziona coloro che, legalmente richiesti dall’Ispettorato del Lavoro di fornire notizie secondo le modalità indicate dai precedenti commi della norma incriminatrice, non le forniscano o le diano scientemente errate e incomplete.

Le modalità di inoltro della richiesta

Quanto alle forme di inoltro della richiesta, la Cassazione ha più volte chiarito che il reato di omessa risposta alla richiesta dell’Ispettorato del lavoro di fornire notizie e documenti è configurabile anche nel caso in cui la richiesta sia spedita mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento, non essendone necessaria la notifica nelle forme previste dagli articoli 157 c.p.p. e ss. (Sez. 3, n. 2337 del 14/12/2010).

Il reato è anche configurabile qualora la richiesta di informazioni non sia stata rivolta al datore di lavoro personalmente, purché sia stata notificata alla sede della ditta, ritenendosi in tal modo, conoscibile dal legale rappresentante di essa (Sez. 3, n. 28701 del 25/05/2004).

La decisione

Nel caso in esame era emerso che la richiesta di informazioni dell’Ispettorato fosse stata inoltrata a mezzo posta all’imputata, il che era legittimo, ma non vi era prova che tale richiesta fosse effettivamente pervenuta alla destinataria.

Per cui, in presenza di una situazione di incertezza circa l’effettiva conoscenza da parte di quest’ultima dell’esistenza della richiesta di informazioni da parte dell’Ispettorato del lavoro, il reato contestato non poteva dirsi integrato, difettandone il presupposto essenziale.

Ai fini della ascrivibilità della condotta omissiva sanzionata dal legislatore è infatti essenziale che il soggetto attivo abbia consapevolezza di dover dare risposta a una richiesta informativa proveniente da un ente qualificato nell’ambito dei suoi poteri di vigilanza.

Per queste ragioni i giudici della Suprema Corte hanno annullato senza rinvio la sentenza di condanna perché il fatto non sussiste.

La redazione giuridica


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