Se a causa dell’aggravamento la malattia professionale viene stimata complessivamente superiore al 20% il lavoratore ha diritto alla rendita da parte dell’Inail

Il lavoratore cita a giudizio l’Inail invocando l’accertamento dell’aggravamento della malattia professionale di deficit ventilatorio restrittivo riconosciuto in via amministrativa nella misura del 12% e il maggiore danno biologico con decorrenza dalla domanda amministrativa di aggravamento del 27/6/2017.

Il Tribunale di Velletri (Sez. lavoro, sentenza n. 1458 del 30 dicembre 2020) ritiene il ricorso parzialmente fondato.

La causa viene istruita attraverso CTU Medico-Legale.

Al riguardo, preliminarmente, il Tribunale evidenzia che:

1) “deve ritenersi inabilità permanente assoluta la conseguenza di un infortunio o di una malattia professionale, la quale tolga completamente e per tutta la vita l’attitudine al lavoro;

2) inabilità permanente parziale la conseguenza di un infortunio o di una malattia professionale la quale diminuisca in parte, ma essenzialmente e per tutta la vita, l’attitudine al lavoro;

3) quando sia accertato che dall’infortunio o dalla malattia professionale sia derivata un’inabilità permanente tale da ridurre l’attitudine al lavoro in misura superi ore al 10%  per i casi di infortunio e al 20% per i casi di malattia professionale, è corrisposta, con effetto dal giorno successivo a quello della cessazione dell’inabilità temporanea assoluta, una rendita d’inabilità rapportata al grado dell’inabilità stessa sulla base delle seguenti aliquote della retribuzione calcolata secondo le disposizioni degli artt. da 116 a 120: 1) per inabilità di grado dall’11% al 30%, aliquota crescente col grado della inabilità, come dalla tabella allegato n. 6, dal 50% al 60%; 2) per inabilità di grado dal 61% al 79%, aliquota pari al grado di inabilità; 3) per inabilità dall’80% al 100%, aliquota pari al cento per cento”;

4) l’art. 83, co. 1/3 del T.U. n. 112 4/1965 dispone che “1. La misura della rendita di inabilità può essere riveduta, su domanda del titolare della rendita o per disposizione dell’Istituto assicuratore, in caso di diminuzione o di aumento dell’attitudine al lavoro ed in genere in seguito a modificazione delle condizioni fisiche del titolare della rendita, purché, quando si tratti di peggioramento, questo sia derivato dall’infortunio che ha dato luogo alla liquidazione della rendita. La rendita può anche essere soppressa nel caso di recupero dell’attitudine al lavoro nei limiti del minimo indennizzabile. 2. La domanda di revisione deve essere presentata all’Istituto assicuratore e deve essere corredata da un certificato medico dal quale risulti che si è verificato un aggravamento nelle conseguenze dell’infortunio e risulti anche la nuova misura di riduzione dell’attitudine al lavoro. 3. L’Istituto assicuratore, entro novanta giorni dalla ricezione della domanda, deve pronunciarsi in ordine alla domanda medesima ” e l’art. 84 del D.P.R. cit. precisa che ” Qualora in seguito a revisione la misura della rendita sia modificata, la variazione ha effetto dalla prima rata con scadenza successiva a quella relativa al periodo di tempo nel quale è stata richiesta la revisione”.

Ciò evidenziato, il Tribunale chiarisce che la rendita può anche essere soppressa nel caso di recupero dell’integrità psicofisica nei limiti del minimo indennizzabile in rendita. In tale caso, qualora il grado di menomazione accertato sia compreso nel limite indennizzabile in capitale, viene corrisposto l’indennizzo in capitale calcolato con riferimento all’età dell’assicurato al momento della soppressione della rendita.

La CTU espletata ha accertato un aggravamento delle condizioni di salute del lavoratore, derivato dalla malattia professionale, e che, per l’effetto di tale aggravamento, al lavoratore debba essere riconosciuto un danno biologico (menomazione permanente all’integrità psicofisica) nella misura complessiva del 25%.

Il CTU ha ulteriormente indicato che l’aggravamento decorre a partire dal mese di ottobre 2018.

Il Tribunale condivide e fa proprie le conclusioni del Consulente e riconosce in capo al lavoratore, ai sensi dell’art. 13 del D. Lgs . n. 38/2000 e per effetto dell’aggravamento della malattia professionale, un danno biologico complessivo pari al 25%, con decorrenza dall’ottobre del 2018.

In conclusione, accertato l’aggravamento dei postumi permanenti riportati dal lavoratore, eziologicamente derivati dalla malattia professionale già riconosciuta, l’Inail viene condannata all’integrazione della rendita con decorrenza ottobre 2018.

Spese di lite compensate e spese di CTU poste in capo all’Istituto.

Avv. Emanuela Foligno

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