Costituiscono atti persecutori le ripetute visite, anche a sorpresa, sul luogo di lavoro della persona offesa, le continue chiamate telefoniche e l’invio di messaggi dal contenuto minaccioso ed offensivo, non seguiti da alcuna risposta

La vicenda

La Corte di appello di Cagliari aveva confermato la condanna pronunciata dal Tribunale della stessa sede, nei confronti di un uomo, ritenuto responsabile del delitto di atti persecutori di cui all’art. 612-bis cod. pen., commesso ai danni della persona offesa a lui precedentemente legata da una relazione sentimentale.

La Corte di Cassazione (Quinta Sezione Penale, sentenza n. 4887/2019) ha confermato la pronuncia poiché ritenuta conforme ai principi di diritto più volte affermati in sede di legittimità, relativi ai connotati minimi degli atti persecutori, necessari ad integrare la condotta materiale del delitto.

La Corte territoriale aveva correttamente individuato come atti persecutori le plurime molestie e minacce, rappresentate da visite ripetute, anche a sorpresa, sul luogo di lavoro, da invio di messaggi dal contenuto minaccioso ed offensivo, ai quali, peraltro, non seguiva risposta della persona offesa, da continue chiamate telefoniche, nonostante la parte lesa avesse spiegato che non era sua intenzione quella di riprendere il rapporto con l’ex.

Priva di fondamento è stata ritenuta anche la doglianza relativa alla mancata assunzione di una prova decisiva, invocato dalla difesa, ai sensi dell’art. 603 cod. proc. pen.

La Corte territoriale aveva offerto ampia motivazione sulle ragioni della superfluità dell’accertamento richiesto ai sensi dell’art. 603 cod. proc. pen; e in ogni caso, è stato ribadito che nel giudizio di appello, la rinnovazione istruttoria ha carattere eccezionale, fondato sulla presunzione che l’indagine sia stata esauriente, con le acquisizioni del dibattimento di primo grado. Sicché il potere del giudice di merito di secondo grado è subordinato alla rigorosa condizione che egli ritenga, contro la predetta presunzione, di non essere in grado di decidere allo stato degli atti (Sez. Un., n. 12602 del 17/12/2015).

Ebbene, l’esercizio di un simile potere è affidato all’apprezzamento del giudice di appello, restando incensurabile nel giudizio di legittimità se – come nel caso di specie – adeguatamente motivato.

Per queste ragioni il ricorso è stato dichiarato inammissibile e il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali.

La redazione giuridica

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