Aperta un’inchiesta sulla morte di una donna di 45 anni, deceduta per una tromboembolia polmonare. I familiari lamentano un ritardo nei soccorsi, ma il 118 respinge le accuse
La Procura di Torino ha aperto un’inchiesta sul decesso di una 45enne dopo che i familiari hanno denunciato un ritardo nei soccorsi. Nel registro degli indagati sono finiti i nomi di due operatori del 118 e di un medico del Pronto soccorso dell’ospedale Martini. L’ipotesi di reato è di omicidio colposo.
La donna è morta lo scorso 4 gennaio presso il nosocomio del capoluogo piemontese. In base all’esito dell’autopsia disposta dai magistrati le sarebbe stata fatale una tromboembolia polmonare. Il sospetto dei parenti è che se la patologia fosse stata diagnosticata in tempo utile, la loro congiunta si sarebbe potuta salvare.
Secondo quanto riportato nell’esposto della famiglia, la donna avrebbe accusato un malore mentre si trovava sola in casa assieme a una delle quattro figlie, che avrebbe dato l’allarme ai parenti. La prima chiamata al 118 sarebbe stata effettuata alle 8.40 di mattina, seguita da una seconda telefonata intorno alle 9.30. L’ambulanza sarebbe arrivata solamente alle 9.40.
A quel punto si sarebbe presentato un altro problema.
L’appartamento della vittima, infatti, è situato al quarto piano senza ascensore. E il personale del 118, secondo quanto riporta l’avvocato di famiglia, non aveva una barella, ma soltanto una sedia a rotelle. Ci sarebbero voluti, quindi, circa 50 minuti prima di far salire la donna a bordo del mezzo di soccorso per raggiungere il Pronto soccorso, dove la paziente è poi deceduta.
Il 118 ha invece precisato che i tempi dell’intervento, di cui non vengono forniti i dettagli perché è in corso un’indagine della Procura, sarebbero compatibili con il codice verde assegnato alla paziente, sia in entrata, che in uscita e in chiusura. In base alla versione del servizio di emergenza urgenza, riportata da Repubblica, la prima telefonata al 112 sarebbe stata fatta da una persona che in quel momento non si trovava davanti alla paziente. Solo la seconda chiamata, eseguita questa volta da una persona vicina alla donna, avrebbe fornito un quadro clinico più preciso.
L’infermiera al telefono sarebbe comunque riuscita a parlare con la signora che in quel momento risultava cosciente anche se non riusciva a respirare bene. Quindi, sarebbe stato confermato il codice verde assegnato in precedenza e l’ambulanza sarebbe arrivata con i tempi compatibili con tale codice. Il fatto che la paziente sia stata caricata su una sedia a rotelle – sottolinea il 118 – sarebbe stata una scelta basata sulla sintomatologia presentata dalla signora, in quanto una persona vigile e cosciente, se sdraiata, avrebbe la tendenza a peggiorare. Spetterà ora agli inquirenti, dunque, fare chiarezza sulla vicenda e verificare la sussistenza di eventuali responsabilità.
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