La malattia professionale è insorta per sovraccarico meccanico delle mani, della movimentazione di carichi pesanti, delle posture incongrue e condizioni climatiche sfavorevoli (Tribunale di Cosenza, Sez. Lavoro, Sentenza n. 490/2021 del 24 febbraio 2021)

Il lavoratore cita a giudizio L’Inail onde vedere accertato e dichiarato che la malattia “rizoartrosi con artrosi delle IFL delle altre dita bilateralmente” è malattia di natura professionale.

Il lavoratore deduce di aver lavorato dal 1988 al 2013 alle dipendenze di diverse società svolgendo mansioni di carpentiere addetto, in particolare, alla realizzazione delle casseformi nelle costruzioni delle gallerie; che, per l’espletamento della sua attività lavorativa, utilizza strumenti di lavoro che provocano vibrazioni; di aver contratto, in ragione dell’attività lavorativa, malattia professionale in ragione del sovraccarico meccanico delle mani, della movimentazione di carichi pesanti, delle posture incongrue e dell’esposizione a condizioni micro climatiche sfavorevoli; di aver presentato domanda amministrativa per il riconoscimento dell’eziologia professionale della patologia che veniva respinta dall’istituto.

Si costituisce in giudizio l’Inail contestando che il lavoratore sia stato esposto a rischio professionale tale da procurare la malattia denunciata.

La causa viene istruita mediante acquisizione della documentazione, prova testimoniale e CTU Medico – legale.

Riguardo l’eccezione di prescrizione della domanda sollevata dall’Inail il Tribunale osserva che “la prescrizione delle azioni per conseguire le prestazioni dell’INAIL di cui all’art. 112 del DPR n. 1124 del 1965 può legittimamente essere interrotta, secondo le norme del codice civile, non solo con la proposizione dell’azione in giudizio, ma anche con atti stragiudiziali (…). Ne consegue che la proposizione in sede amministrativa della domanda per ottenere le prestazioni assicurative (…) interrompe la prescrizione e il termine prescrizionale comincia nuovamente a decorrere solo dalla data della definizione del relativo procedimento (stante il disposto dell’art. 111 del DPR 1125/1965 a norma del quale il termine di prescrizione previsto dall’art. 112 rimane sospeso durante la fase di liquidazione amministrativa.”

Ed ancora, la Suprema Corte ha precisato che: “La sospensione della prescrizione triennale dell’azione per il riconoscimento delle prestazioni da infortunio sul lavoro e malattie professionali, di cui al D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 111, comma 2, opera limitatamente al decorso dei 150 giorni previsti per la liquidazione amministrativa delle indennità dal terzo comma della stessa disposizione: la mancata pronuncia definitiva dell’INAIL entro il suddetto termine configura una ipotesi di silenzio significativo della reiezione dell’istanza dell’assicurato e comporta, quindi, l’esaurimento del procedimento amministrativo e, con esso, la cessazione della sospensione della prescrizione”.

Successivamente sono intervenute le SS.UU. chiarendo che “il termine di prescrizione triennale dell’azione per il riconoscimento delle prestazioni da infortunio sul lavoro e malattie professionali, di cui all’articolo 112 del d.P.R. n. 1124 del 1965, resta sospeso, ex art. 111, comma 2, dello stesso d.P.R., per tutta la durata del procedimento amministrativo di liquidazione delle indennità e fino all’adozione di un provvedimento di accoglimento o di diniego da parte dell’istituto assicuratore; ne consegue che il decorso dei termini per la liquidazione previsti dall’art. 111, comma 3, del d.P.R. n. 1124 del 1965, non determina la cessazione della sospensione della prescrizione, ma rimuove la condizione di procedibilità dell’azione giudiziaria, dando facoltà all’assicurato di agire in giudizio a tutela della posizione giuridica soggettiva rivendicata “.

In applicazione di tali principi, l’eccezione di prescrizione invocata dall’Inail è infondata in quanto il CTU ha chiarito che il ricorrente ha potuto avere contezza della malattia e della sua indennizzabilità quale malattia professionale soltanto nel maggio del 2014.

Inoltre, non risulta provata la conoscibilità da parte dell’istante dell’insorgenza della malattia, della sua eziologia professionale e del raggiungimento della misura minima indennizzabile in data anteriore.

Il termine prescrizionale è stato interrotto con la presentazione, in data 18-6-2014, dell’istanza amministrativa.

Svolta tale osservazione preliminare, il Tribunale considera fondata la domanda del lavoratore.

La malattia professionale è disciplinata dall’art. 3 del T.U. 1124/1965, a norma del quale sono malattie professionali quelle contratte nell’esercizio ed a causa delle lavorazioni, in quanto tali lavorazioni rientrino tra quelle previste all’art. 1 ricomprendenti le cosiddette “attività protette”.

Più in particolare, gli artt. 1 e 4 del T.U., delimitano l’ambito di applicazione soggettiva dell’assicurazione obbligatoria mediante un doppio criterio selettivo basato sul riferimento alla pericolosità presunta della lavorazione (art. 1) e alla natura del rapporto giuridico o del titolo in base al quale l’attività viene svolta dal lavoratore (art. 4).

Seguendo tali principi per ritenere sussistente la malattia professionale e il diritto ai connessi benefici economici previdenziali, è necessario verificare: il tipo di attività lavorativa svolta dall’assicurato; se l’attività lavorativa abbia comportato l’esposizione al rischio che ha determinato la malattia; se l’assicurato abbia contratto la malattia nell’esercizio dell’attività svolta e, in caso positivo, determinare il grado di inabilità.

La prova testimoniale espletata ha confermato le modalità di svolgimento dell’attività lavorativa svolta dal ricorrente.

Il CTU ha rilevato che il ricorrente è affetto da “tendinopatia dei flessori e degli estensori delle dita delle mani in quadro radiologico di rizoartrosi di entrambe le mani e che tali malattie sono da porsi in nesso di derivazione eziologica con l’attività lavorativa, con postumi di inabilità permanente pari al 6%.

Relativamente all’indennizzo, le menomazioni di grado pari o superiore al 6 % ed inferiore al 16% sono erogate in capitale, dal 16% è erogata una rendita.

Restano fuori dalla copertura Inail le “microinvalidità”, ovvero i danni con una percentuale inferiore al 6%.

Va, dunque, riconosciuto in favore del ricorrente il diritto all’indennizzo in capitale dovuto in virtù del danno biologico subìto pari al 6 %, come riconosciuto secondo la valutazione effettuata dal CTU, oltre interessi nella misura legale dal 121° giorno successivo alla data della domanda amministrativa.

Le spese di lite vengono compensate nella misura di un terzo stante il riconoscimento di un danno biologico in misura inferiore a quella dedotta dal ricorrente, nel resto seguono la soccombenza.

In conclusione, il Tribunale di Cosenza, in funzione di Giudice del Lavoro, accoglie il ricorso e dichiara che parte ricorrente ha contratto la malattia nello svolgimento dell’attività lavorativa; dichiara che al ricorrente, in conseguenza della malattia professionale denunciata è derivata una menomazione dell’integrità psico-fisica nella misura pari al 6%; condanna l’Inail al pagamento dell’indennizzo in conto capitale.

Avv. Emanuela Foligno

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