Prosegue l’inchiesta del pm Ardigò sul decesso della piccola Giovanna Fatello, deceduta a Villa Mafalda il 29 marzo scorso.
Un intervento di routine della durata di un’ora. Passaggi chirurgici semplici, da effettuarsi in anestesia locale, che non coinvolgono organi vitali. Giovanna Fatello, bimba di 10 anni ricoverata a Villa Mafalda per una semplice timpanoplastica, da quell’operazione non si è mai svegliata. Prosegue l’inchiesta per omicidio colposo portata avanti dal pm Mario Ardigò a carico di 5 persone, tra medici e anestesisti, in servizio presso la clinica privata di via Monte delle Gioie a Roma.
L’indagine si concentra sulle 4 ore intercorse dal decesso effettivamente avvenuto, che le successive ricostruzioni hanno stimato intorno alle 9.40-9.50 del 29 marzo 2014, fino alla comunicazione dello stesso ai familiari, avvenuta di fatto alle ore 13.40. Giovanna, è stato detto in seguito, sarebbe morta a causa di complicazioni allergiche e di una malformazione, degenerate in un arresto cardiaco in asistolia conseguita e progressiva ipossia. Ben diversi gli elementi emersi da testimonianze e perizie successive, che hanno sollevato seri dubbi sulle responsabilità del personale in sala.
A cominciare dalla posizione dei due anestesisti, Pierfrancesco Dauri e Federico Santilli. Secondo Maria Rollo, barista del locale interno alla struttura, al momento dell’intervento il dottor Dauri stava prendendo un caffè in compagnia di due amiche, testimonianza confermata dai tabulati telefonici della clinica. Inutile, infatti, la chiamata dell’equipe operante sul cellulare del dottore, richiamato in sala d’urgenza per il precipitare delle condizioni della paziente. Santilli, che avrebbe dovuto sostituire il Dauri, non avrebbe monitorato l’ossigenazione della bimba, perché incapace di azionare il macchinario di ventilazione che non conosceva a sufficienza, essendo estraneo all’équipe medica di Villa Mafalda.
L’aiuto-anestesista è risultato essere un dipendente dell’ospedale San Camillo di Rieti, e la sua presenza in sala operatoria – omessa dalla cartella clinica – farebbe pensare a prestazioni occasionali “in nero” del personale infermieristico della struttura. C’è di più. Il giorno prima dell’operazione, un medico avrebbe segnalato il non corretto funzionamento del dispositivo in questione, che presentava perdite nel tubo per la rivelazione della pressione arteriosa. Allerta, questa, totalmente ignorata dalla dirigenza della struttura. Quanto al chirurgo Giuseppe Magliulo – esecutore dell’intervento che si è allontanato per un malore durante i disperati tentativi di rianimazione della piccola – un radiologo racconta che non sapesse esattamente quale orecchio operare, tanto da doversene accertare con una visita eseguita sul momento.
L’otorino è sotto accusa unitamente al collega Dario Marcotullio e alla Direttrice sanitaria Rosaria Moscatelli, ritenuti rei di aver inquinato le prove per ostacolare la ricostruzione della dinamica dei fatti. Significativi, in tal senso, la perdita dei dati causata dallo spegnimento del monitor multiparametrico, e la tardiva richiesta del plasma di Giovanna all’Umberto I a mezzo fax da parte della Moscatelli. Agli indagati si chiede anche di dar conto del ritardo con cui la comunicazione è stata data ai genitori della piccola, avvertiti della sua morte alle 10.00, poi illusi di una sua “ripresa” e definitivamente tramortiti alle 13.40 con la notizia ufficiale della sciagura. In una nota diffusa da Villa Mafalda, i vertici ribadiscono la correttezza delle procedure svolte dal personale di sala operatoria.
L’operato della clinica, tuttavia, non è nuovo alla lente della Procura, che nel 2013 aveva avviato un’indagine – poi archiviata – sul decesso dello scrittore Alberto Bevilacqua. Per fare chiarezza sulla morte di Giovanna, il Consigliere Regionale Fabrizio Santori ha presentato un’interrogazione formale, chiedendo alla Regione Lazio di rivedere i parametri di accreditamento della struttura, rivelatasi reticente in termini di documentazione sanitaria fornita e dotata di strumentazioni non funzionanti. “Prima di procedere con la revoca degli accreditamenti – ha spiegato Santori – è chiaro che la Regione attenda gli sviluppi formali dell’inchiesta. Si poteva però pensare ad una sospensione temporanea di alcuni reparti interni coinvolti nelle indagini”.
a cura di Viviana Passalacqua