Il diritto alla rendita per infortunio sul lavoro a favore dei familiari superstiti diversi dal coniuge e dai figli, presuppone il requisito della vivenza a carico (Tribunale di Sassari, Sentenza n. 268/2021 del 02/07/2021 RG n. 434/2020)

Gli ascendenti e le sorelle del paziente deceduto citano a giudizio l’Inail onde ottenere il risarcimento dei danni derivanti dalla morte del congiunto.

Deducono che la congiunta rimaneva vittima di un incidente stradale e veniva trasportata all’Ospedale di Sassari – Divisione di Anestesia e Rianimazione, per un politrauma in terapia intensiva in prognosi riservata, ove venne sottoposta a vari interventi.

Dimessa in data 21.9.2015 veniva trasportata ad Oristano per la neuroriabilitazione.

Dal 23.3.2016 al 26.3. 2016 venne ricoverata presso la clinica di Sassari per il posizionamento di una pompa al baclofen.

Al seguito della dimissione dal Centro di Oristano, la paziente presentava un lieve miglioramento ed in data 19.10.2016 veniva trasferita presso il centro di riabilitazione di Fontanellato; dopo un periodo di remissione clinica accedeva al Pronto Soccorso dell’Ospedale Maggiore di Parma in data 4.8.2017 e, dopo un ricovero ordinario presso il Reparto di Neurochirurgia, veniva dimessa in data 26.10. 2017.

Con l’aggravarsi della situazione, la paziente accedeva nuovamente al Pronto Soccorso dell’Ospedale Maggiore di Parma ove decedeva in data 5.11.2017 a seguito di “Sepsi in paziente con tetraparesi spastica e stato vegetativo post trauma del 2015, nonché insufficienza multiorgano secondaria a shock settico in paziente affetta da tetraparesi spastica in seguito al riferito incidente stradale del settembre 2015. Le concause biologiche ampiamente descritte hanno favorito l’evento morte”

I ricorrenti pongono a fondamento della domanda la violazione e falsa applicazione degli articoli 1226 e 2059 cc in relazione alla stabilizzazione dei postumi permanenti della patologia sofferta nel lasso di tempo tra l’insorgere della stessa ed il sopravvenire del decesso e per la trasmissibilità iure hereditatis del diritto al risarcimento del danno biologico rapportato al consolidarsi dell’invalidità permanente.

Si costituisce in giudizio l’Istituto sottolineando il proprio difetto di legittimazione passiva in ordine alle pretese degli attori; ciò in quanto l’ente previdenziale eroga soltanto le prestazioni previste dalla legge e non funge da assicurazione privata.

Al verificarsi di un infortunio sul lavoro o di una malattia professionale, l’ente eroga al lavoratore assicurato, o ai superstiti in caso di evento mortale, le prestazioni previste dal DPR 1124/65.

Ai sensi dell’art 85, il diritto alla rendita per infortunio sul lavoro a favore dei familiari superstiti diversi dal coniuge e dai figli, presupponeva il requisito della “vivenza a carico”, la quale sussisteva se i predetti si trovavano senza sufficienti mezzi di sussistenza autonoma ed al loro mantenimento avesse concorso in maniera efficiente il lavoratore defunto.

Sulla base della documentazione prodotta, l’Inail escludeva i requisiti per riconoscere in capo agli ascendenti e ai fratelli della defunta, la rendita ai superstiti.

I ricorrenti hanno dichiarato espressamente di non avere diritto alla rendita vitalizia, la quale è riconosciuta, ai superstiti diversi dal coniuge, alle condizioni della vivenza a carico.

Le norme regolanti la materia non prevedono il risarcimento del danno biologico che gli odierni ricorrenti avrebbero potuto invocare nei confronti di un’eventuale assicurazione privata, qualora fosse stato stipulato il relativo contratto, oppure nei confronti di un eventuale responsabile del sinistro dal quale è derivato l’evento letale.

Si tratta di indennizzi profondamente differenti.

In materia di assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, l’indennizzo Inail non copre l’intero danno biologico – diversamente dal risarcimento, che presuppone la commissione di un illecito contrattuale od aquiliano – e, quindi, non può essere liquidato, ai fini di tale assicurazione, con gli stessi criteri valevoli in ambito civilistico, in considerazione della sua natura assistenziale e nonostante la menomazione dell’integrità psico -fisica, alla quale fa riferimento l’art. 13 del d.lgs. n. 38 del 2000, sia la medesima, dovendo siffatta menomazione, per assumere rilievo in ambito previdenziale, essere valutabile secondo le tabelle di cui al DM 12 luglio 2000 del Ministero del Lavoro e della Previdenza sociale.

E’, dunque, totalmente escluso a carico dell’Inail l’indennizzo per il danno da perdita del diritto alla vita, atteso che, venendo in questione un bene, quale la vita, diverso dalla salute, non ricorre la nozione di danno biologico recepita dal citato art. 13.

Invece, per il ristoro del danno biologico cd. differenziale, vale a dire di quella parte del danno biologico non coperta dall’assicurazione obbligatoria, si può proporre azione risarcitoria autonoma e distinta nei confronti del datore di lavoro, ove ne ricorrano le condizioni di legge.

Per tali ragioni, i ricorrenti non hanno diritto alla rendita nei confronti dell’Inail e il ricorso viene respinto.

I ricorrenti vengono condannati al pagamento delle spese di lite liquidate in euro 1.800,00, oltre accessori di legge.

Avv. Emanuela Foligno

Sei vittima di un incidente sul lavoro? Affidati ai nostri esperti per una consulenza gratuita. Clicca qui

Leggi anche:

Lesione delle giunzione miotendinea prossimale causata da infortunio

- Annuncio pubblicitario -

LASCIA UN COMMENTO O RACCONTACI LA TUA STORIA

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui