È legittimo il provvedimento col quale l’autorità dispone il sequestro delle somme rinvenute nell’abitazione dell’imprenditore indagato per reati fiscali, che sono nella disponibilità dei suoi familiari
Il sequestro delle somme di denaro
Il Tribunale del Riesame di Macerata in funzione di giudice dell’appello, aveva confermato il provvedimento del Gip del medesimo Tribunale, con cui era stata rigettata la richiesta di dissequestro proposta dalla ricorrente, quale legale rappresentante di una S.r.l., avente ad oggetto la somma di euro 38.850,00, rinvenuta al momento del sequestro nella sua abitazione e ritenuta nella disponibilità del padre con cui la stessa coabitava; quest’ultimo, in qualità di amministratore di fatto della predetta società e di legale rappresentante di un’altra S.r.l., era indagato in altro procedimento per i reati di cui agli artt. 416 c.p., 2 e 8 del d.lgs. n. 74/2000.
Contro tale decisione padre e figlia avevano proposto ricorso per cassazione, lamentando tra gli altri motivi la manifesta illogicità della motivazione in ordine alla ritenuta appartenenza delle somme sequestrate al padre della ricorrente a fronte di prova documentale incontrovertibile di segno opposto. Per la difesa, il Tribunale del riesame, limitandosi a richiamare la giurisprudenza sulla sequestrabilità dei beni per equivalente, aveva fornito una motivazione solo apparente, che non trovava altra giustificazione se non nel fatto che i due ricorrenti, essendo padre e figlia, abitassero nel medesimo appartamento.
La pronuncia della Cassazione
La Corte di Cassazione (sentenza n. 13923/2020) ha rigettato il ricorso perché inammissibile. Le censure dei due ricorrenti esulavano dai limiti fissati dall’art. 325, comma 1, c.p.p., per il ricorso in Cassazione avverso misure cautelari reali, in quanto finalizzate a dolersi dell’illogicità e della contraddittorietà dell’ordinanza impugnata, mentre, in tema di misure cautelari reali, il ricorso in Cassazione è ammesso solo per violazione di legge oppure per radicale mancanza di motivazione, ossia quando la motivazione del provvedimento impugnato sia del tutto assente o meramente apparente, perché sprovvista dei requisiti minimi per rendere comprensibile la vicenda contestata e l’iter logico seguito dal giudice nel provvedimento impugnato (Sezione Sesta, n. 6589/2013; Sezione Seconda n. 18951/2017). E nel caso di specie, si trattava di censure sostanzialmente riferite alla valutazione della prova della titolarità delle somme sequestrate e non a violazioni di legge o mancanza della motivazione su elementi decisivi.
Avv. Sabrina Caporale
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