Entrambi i gradi di giudizio circa l’infortunio del lavoratore addetto allo scarico dei cassoni di ortaggi, hanno ritenuto rilevante il fatto che la datrice di lavoro non avesse l’abilitazione alla guida di trattore con carrello. La Cassazione conferma (Cassazione penale, sez. IV, dep. 29/12/2023, n.51580).
Il 6/10/2022 la Corte d’Appello di Bari ha confermato la sentenza con cui il GIP del Tribunale di Foggia in data 28/6/2021 dichiarava la datrice di lavoro colpevole condannandola alla pena di mesi due di reclusione, l’imputata era stata altresì condannata al risarcimento del danno nei confronti della parte civile costituita.
La vicenda
Il procedimento trae origine dalla denuncia presentata dal lavoratore che riferiva di essere bracciante agricolo presso l’azienda dell’imputata. L’uomo riferiva di avere subito un infortunio mentre la datrice di lavoro scaricava da un trattore dei cassoni di zucchine. Infatti una cassa lo aveva investito sulla gamba destra mentre, su richiesta della donna, stava cercando di abbassare manualmente la punta del carrello per far scivolare le casse.
Il lavoratore riferiva di avere iniziato a lavorare alla raccolta delle zucchine dal 12/6/2019. Dal momento dell’assunzione aveva lavorato tutti i giorni per circa 8/9 ore al giorno con una pausa pranzo di 30 minuti per una retribuzione di 3,50 euro l’ora e non aveva mai ricevuto informazioni dalla datrice sui rischi derivanti dall’attività lavorativa.
Sfruttamento del lavoro e incompletezza del DVR
Le circostanze venivano confermate dalle dichiarazioni di un altro lavorante, collega dell’infortunato. Veniva acquisito il documento di valutazione dei rischi (DVR) da cui risultava che non erano stati valutati i rischi connessi all’utilizzo delle attrezzature in uso all’azienda e si accertava altresì che la datrice era priva di abilitazione per la guida del trattore.
Entrambe le sentenze di merito hanno ritenuto rilevante la carenza di abilitazione della datrice alla guida della trattrice agricola munita di carrello al cui interno erano posizionati i cassoni di zucchine da scaricare. Infatti proprio il malgoverno da parte della stessa della fase di inclinazione meccanica del carrello ha determinato l’improvvisa precipitazione di uno di essi sulla gamba destra dell’operaio.
Interessante la circostanza che i Giudici della Corte di Appello di Bari hanno dato atto che dalla repentinità del rientro dell’infortunato al lavoro era desumibile la ricorrenza della condizione di sfruttamento del lavoro di cui all’art. 603 bis c.p. in cui si trovava l’operaio, costretto a ritornare al lavoro per non perdere quanto già maturato prima dell’infortunio.
Il ricorso in Cassazione
Il primo motivo, con cui la donna si duole della mancata applicazione dell’art. 131 bis c.p., cita a sostegno giurisprudenza che riferita però ad altra ipotesi di reato ed inoltre critica la sentenza impugnata in modo del tutto inappropriato in quanto asseritamente motivata da “suggestioni emotive e slanci verso le ricostruzioni di operai extracomunitari che dopo aver subito violenze e caporalato tornavano dopo un solo giorno dai fatti a chiedere di lavorare” risolvendosi quindi in una doglianza del tutto generica e del tutto estranea da quelle che possono essere dedotte in un ricorso per cassazione.
La Cassazione considera le ulteriori censure parimenti inammissibili.
La donna si duole dell’eccessiva rigidità del trattamento sanzionatorio e afferma che i Giudici di merito non avrebbero tenuto conto del fatto che la determinazione della pena tra il minimo ed il massimo edittale non necessità di specifica motivazione allorché la pena non superi la media edittale, considerato che nella specie la pena irrogata è prossima al minimo edittale.
Invero, il diniego delle circostanze attenuanti generiche, ampiamente motivato dal primo Giudice, in mancanza di elementi valutabili favorevolmente e di segni di resipiscenza, è stato confermato in Appello dove si è ritenuto, vieppiù, che la gravità della condotta complessivamente ascritta all’ imputata impedisce di pervenire ad un’ulteriore contrazione della pena.
In conclusione il ricorso è inammissibile e la Cassazione rigetta.
Avv. Emanuela Foligno