La corte territoriale aveva escluso un danno sopravvenuto indennizzabile, dovendosi scorporare il danno preesistente da quello della silicosi polmonare

Con sentenza n. 41277/2021 la Cassazione si è pronunciata sul ricorso di un lavoratore – titolare di rendita di inabilità per broncopneumopatia per il 21% di riduzione della capacità lavorativa contratta a causa dell’attività di manovale e minatore nel periodo 1962/1981- che si era visto respingere, in sede di merito, la domanda volta ad ottenere l’indennizzo in rendita per danno biologico da silicosi polmonare sopravvenuta e concorrente.

La corte territoriale, nello specifico, aveva escluso un danno sopravvenuto indennizzabile, dovendosi scorporare il danno preesistente da quello oggetto della nuova patologia.

Nel rivolgersi alla Suprema Corte, il ricorrente deduceva violazione dell’articolo 13 decreto legislativo 38 del 2000 nonché 3, 66, 74, 135, 140, 141 e 145 del DPR 1124 del 1965 e 12 preleggi, per avere il collegio distrettuale effettuato lo scorporo, dal danno biologico rilevato, del danno preesistente, sebbene lo scorporo non fosse previsto dalla legge e fosse riferito a diversa patologia e diverso tipo di danno.

Gli Ermellini hanno ritenuto fondata la doglianza rilevando che “con la sentenza 63 del 2021 la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 13, comma 6, secondo periodo, del decreto legislativo 23 febbraio 2000, n. 38 (Disposizioni in materia di assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, a norma dell’articolo 55, comma 1, della legge 17 maggio 1999, n. 144), nella parte in cui non prevede che, per le patologie aggravate da menomazioni preesistenti concorrenti, trovi applicazione la medesima disciplina contemplata dal primo periodo in aggiunta alla persistente erogazione della rendita di cui al terzo periodo del medesimo comma 6”.

All’esito della pronuncia della Corte costituzionale diviene operazione necessaria l’applicazione della cosiddetta formula del Gabrielli: la sentenza impugnata, che tale applicazione non aveva fatto, doveva dunque essere cassata, con rinvio alla medesima corte d’appello in diversa composizione al fine di rivalutare la situazione alla luce del quadro normativo risultante dalla sentenza della Consulta.

La redazione giuridica

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