Il lavoratore è stato continuativamente esposto all’inalazione di polveri contraendo silicosi polmonare ma l’Inail respinge la malattia professionale (Tribunale di Cosenza, Sez. Lavoro, Sentenza n. 1187/2021 del 26/05/2021 RG n. 4403/2016)

Il lavoratore ricorrente cita a giudizio l’Inail esponendo: di avere prestato attività lavorativa con qualifica di minatore alle dipendenze di varie società operanti nel settore delle costruzioni edili; che, per l’espletamento della sua attività lavorativa, è stato continuativamente esposto all’inalazione di polveri e che, per tale ragione, ha contratto patologia “silicosi polmonare con insufficienza respiratoria”; tuttavia l’Inail ha respinto la sua domanda amministrativa del 24-5-2013 e che analogo esito negativo ha sortito l’opposizione.

Si costituisce in giudizio l’Inail contestando l’esposizione a rischio professionale ed evidenziando che il lavoratore non ha offerto la prova di essere stato adibito alle lavorazioni per le quali vige la presunzione di origine legale della tecnopatia; infine, evidenziando, in merito alla richiesta di unificazione dei postumi, che l’unica patologia ancora oggi revisionabile è “l’angiopatia da strumenti vibranti” mentre tutte le altre, essendo decorso il periodo di cristallizzazione dei postumi, non sono più revisionabili; pertanto, eccepisce, in ipotesi di accoglimento del ricorso, la necessaria detrazione dalla rendita dell’indennizzo in capitale nella misura del 15 % già corrisposto all’istante.

La causa viene istruita mediante acquisizione della documentazione, prove testimoniali ed espletamento di CTU medico-legale.

All’esito dell’istruttoria la domanda del lavoratore viene considerata fondata.

Preliminarmente il Tribunale analizza la natura giuridica della malattia professionale, come disciplinata dall’art. 3 del T.U. 1124/1965, a norma del quale sono malattie professionali quelle contratte nell’esercizio ed a causa delle lavorazioni…, in quanto tali lavorazioni rientrino tra quelle previste all’art. 1 ricomprendenti le cosiddette “attività protette”. Più in particolare, l’art. 1 del T.U., in concorso con il successivo art. 4 delimita l’ambito di applicazione soggettiva dell’assicurazione obbligatoria mediante un doppio criterio selettivo basato sul riferimento alla pericolosità presunta della lavorazione (art. 1) e alla natura del rapporto giuridico o del titolo in base al quale l’attività viene svolta dal lavoratore (art. 4). Sull’assetto normativo in questione, come noto, è intervenuta la sentenza della Corte Costituzionale n. 179 del 18/2/ 1988 che ha dichiarato illegittimo l’art. 3 del T.U. nella parte in cui limita la tutela alle sole malattie tassativamente indicate nelle tabelle ivi indicate. In conseguenza di tale pronuncia è stato introdotto un c.d. sistema misto per effetto del quale risultano coperte e tutelate dall’assicurazione obbligatoria sia le malattie tabellate (specificamente previste dall’art. 3 e per le quali opera la presunzione legale della origine lavorativa), sia quelle non tabellate delle quali il lavoratore sia in grado di dimostrare la genesi professionale (in tale ipotesi la prova del nesso eziologico tra lavorazione e patologia denunciata è a carico del lavoratore).

Tanto premesso, il lavoratore sostiene che la silicosi polmonare è malattia c.d. tabellata donde la presunzione di origine professionale della stessa, ma non ha né dedotto né dimostrato l’adibizione alle lavorazioni previste dalla tabella né che la patologia si sia manifestata nel periodo massimo di indennizzabilità dalla cessazione della relativa lavorazione.

Viene richiamato al riguardo l’orientamento della Suprema Corte secondo cui “quando la malattia è inclusa nella tabella, al lavoratore basta provare la malattia e di essere stato addetto alla lavorazione nociva (anch’essa tabellata) perché il nesso eziologico tra i due termini sia presunto per legge (sempre che la malattia si sia manifestata entro il periodo anch’esso indicato in tabella)”.

Ergo, il lavoratore avrebbe dovuto provare di essere stato addetto alla lavorazione nociva ( Lavori nelle miniere e cave in sotterraneo e lavori in sotterraneo in genere, lavori nelle miniere e cave a cielo aperto e lavori di scavo a cielo aperto in presenza di roccia contenente silice libera o che comunque espongano all’inal azione di polvere di silice libera ), nonché la sua manifestazione nel periodo di indennizzabilità, ma i capitoli di prova formulati in ricorso non vertono su tali circostanze.

Conseguentemente, il ricorrente non può giovarsi della presunzione di origine legale.

Viene, tuttavia, rilevato, che il lavoratore ha assolto all’onere probatorio a suo carico in punto di mansioni lavorative e di durata ed intensità del rischio cui è stato esposto.

Le prove testimoniali svolte hanno confermato le mansioni lavorative e l’esposizione al rischio.

In particolare, i testi hanno confermato che il ricorrente, ha svolto l’attività di minatore addetto alla costruzione di gallerie, esposto nell’ambiente di lavoro a inalazione di polveri prodotte dallo scavatore, dal martello pneumatico e dai mezzi pesanti che viaggiavano in galleria.

Il CTU ha rilevato che il ricorrente è affetto da “danno anatomico riferibile a nodulazioni parenchimali compatibili con silicosi con correlata insufficienza respiratoria lieve/media” (avuto riguardo, in particolare, all’esame TC torace del 25 -1-2021, espletato in corso di causa)…(..).. La patologia riscontrata ha carattere permanente ed è da porsi in nesso di derivazione eziologica con l’attività lavorativa, potendo ritenersi contratta nell’esercizio e a causa delle mansioni disimpegnate dal ricorrente nell’arco della sua vita lavorativa (minatore) ….(..).. l’incidenza sull’integrità psico fisica è nella misura del 15 % a cui deve aggiungersi l’ulteriore danno nella misura del 15 % derivante dalla malattia professionale già riconosciuta (angiopatia delle mani da strumenti vibranti).”

Alla luce delle conclusioni cui è giunto il CTU, che vengono condivise, il Tribunale ritiene raggiunta la prova degli elementi richiesti dal T.U. 1124/1965 per la configurazione della malattia professionale.

Rapportandosi alla data di denuncia della malattia professionale, deve essere applicata la nuova disciplina relativa all’indennizzo del danno biologico di cui al D. Lgs. n. 38/00, applicabile agli infortuni e malattie professionali denunciati successivamente al 25.7.2000.

In particolare, il D.Lgs.38/2000, all’ art. 13 prevede:

“1.In attesa della definizione di carattere generale di danno biologico e dei criteri per la determinazione del relativo risarcimento, il presente articolo definisce, in via sperimentale, ai fini della tutela dell’assicurazione obbligatoria conto gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali il danno biologico come la lesione all’integrità psicofisica, suscettibile di valutazione medico legale, della persona. Le prestazioni per il ristoro del danno biologico sono determinate in misura indipendente dalla capacità di produzione del reddito del danneggiato.

2. In caso di danno biologico, i danni conseguenti ad infortuni sul lavoro verificatisi, nonché a malattie professionali denunciate a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto ministeriale di cui al comma 3, l’INAIL nell’ambito del sistema d’indennizzo e sostegno sociale, in luogo della prestazione di cui all’art. 66, primo comma, n. 2), del testo unico, eroga l’indennizzo previsto e regolato dalle seguenti disposizioni: (1)

a) le menomazioni conseguenti alle lesioni dell’integrità psicofisica di cui al comma 1 sono valutate in base a specifica “tabella delle menomazioni”, comprensiva degli aspetti dinamico – relazionali. L’indennizzo delle menomazioni di grado pari o superiore al 6 % ed inferiore al 16% è erogato in capitale dal 16% è erogato in rendita, nella misura indicata nell’apposita “tabella indennizzo danno biologico”. Per l’applicazione di tale tabella si fa riferimento all’età dell’assicurato al momento della guarigione clinica. Non si applica il disposto dell’art. 91 del testo unico;

b) le menomazioni di grado pari o superiore al 16% danno diritto all’erogazione di un’ulteriore quota di rendita per l’indennizzo delle conseguenze delle stesse, commisurata al g rado della menomazione, alla retribuzione dell’assicurato e al coefficiente di cui all’apposita “tabella dei coefficienti”, che costituiscono indici di determinazione della percentuale di retribuzione da prendere in riferimento per l’indennizzo delle conseguenze patrimoniali, in relazione alla categoria di attività lavorativa di appartenenza dell’assicurato e alla ricollocabilità dello stesso. La retribuzione, determinata con le modalità e i criteri previsti dal testo unico, viene moltiplicata per il coefficiente di cui alla “tabella dei coefficienti”. La corrispondente quota di rendita, rapportata al grado di menomazione, è liquidata con le modalità e i criteri di cui all’art. 74 del testo unico.

3. Le tabelle di cui alle lettere a ) e b ), i relativi criteri applicativi e i successivi adeguamenti sono approvati con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale su delibera del consiglio di amministrazione dell’INAIL. In sede di prima attuazione il decreto ministeriale è emanato entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo.

……..11. Per quanto non previsto dalle presenti disposizioni, si applica la normativa del testo unico, in quanto compatibile”.

Ciò detto, l’indennizzo risarcibile a carico dell’Inail copre il danno che abbia una percentuale compresa tra il 6% e il 100%, restando escluse le microinvalidità inferiori al 6%.

Considerato che il CTU ha accertato nel (15%) il danno biologico, e considerato l’ulteriore 15% pregresso già riconosciuto dall’Inail, il lavoratore ricorrente ha diritto ai sensi dell’art. 80 DPR 1124/1965 alla liquidazione di una rendita unica corrispondente al grado complessivo della menomazione dell’integrità psico fisica da cui deve essere detratto l’importo dell’indennizzo in capitale già corrisposto.

Le spese di lite seguono la regola della soccombenza, così come quelle di CTU.

In conclusione, il Tribunale di Cosenza, in funzione di Giudice del Lavoro, accoglie il ricorso e dichiara che parte ricorrente ha contratto “silicosi polmonare” nello svolgimento dell’attività lavorativa; dichiara che al ricorrente, in conseguenza della malattia professionale è derivata una menomazione dell’integrità psico -fisica nella misura pari al 15% e condanna l’Inail al pagamento di rendita unica corrispondente al grado complessivo della menomazione dell’integrità psico fisica, detratto l’importo dell’indennizzo in capitale già corrisposto , oltre agli interessi legali con decorrenza dal 121° giorno successivo alla data della denuncia amministrativa; condanna l’Inail al pagamento delle spese di lite sostenute dal lavoratore che vengono liquidate in euro 2.000,00 oltre spese generali, e accessori di legge; pone definitivamente a carico dell’Inail le spese di CTU Medico-Legale già liquidate con separato decreto.

Avv. Emanuela Foligno

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