Respinto il ricorso di una donna che si era vista negare l’indennizzo previsto dalla legge n. 244/2007 per i soggetti affetti da sindrome di talidomide

I principi generali che regolano la causalità materiale (o di fatto) sono anche in materia civile quelli delineati dagli artt. 40 e 41 cod. pen. e dalla regolarità causale, salva la differente regola probatoria che in sede penale è quella dell'”oltre ogni ragionevole dubbio”, mentre in sede civile è quella basata sul principio della preponderanza dell’evidenza o “del più probabile che non”; la regola della “certezza probabilistica”, peraltro, non può essere ancorata esclusivamente alla determinazione quantitativa – statistica delle frequenze di classi di eventi (c.d. probabilità quantitativa), ma va verificata riconducendo il grado di fondatezza all’ambito degli elementi di conferma disponibili nel caso concreto (c.d. probabilità logica). Lo ha chiarito la Cassazione con l’ordinanza n. 4602/2021 pronunciandosi sul ricorso di una donna che si era vista respingere, in sede di merito, la domanda volta al conseguimento dell’indennizzo previsto dalla legge n. 244 del 2007 per i soggetti affetti da sindrome da talidomide.

La Corte territoriale, in particolare, aveva ritenuto non dimostrato il nesso causale tra l’assunzione (peraltro non comprovata) del farmaco talidomide da parte della madre dell’attrice durante la gravidanza e la condizione patologica di amelia congenita dell’arto superiore destro diagnosticata alla paziente; ciò in conformità alle conclusioni del consulente tecnico d’ufficio che aveva definito “improbabile, ma non impossibile, che la amelia della perizianda (fosse) stata causata da assunzione di talidomide da parte della di lei madre durante la gravidanza”.

Nel rivolgersi alla Suprema Corte la ricorrente deduceva l’erronea applicazione dei principi sottesi al riconoscimento dell’indennizzo previsto dall’art. 2, comma 363, della legge n. 244 del 2007, per non avere la Corte di merito tenuto in considerazione la ratio dell’indennizzo in oggetto e le Linee Guida della Direzione Generale della Sanità e così applicato alla fattispecie oggetto di causa un criterio di individuazione del nesso causale errato in quanto espresso in termini di ragionevole probabilità anziché di possibilità.

I Giudici Ermellini, tuttavia, hanno ritenuto la doglianza non meritevole di accoglimento. Dal Palazzaccio hanno osservato che “l’esistenza di un nesso causale poggia necessariamente su una ragionevole probabilità logico-scientifica” e pertanto non aveva alcun fondamento giuridico la pretesa di parte ricorrente di un accertamento del nesso causale in termini di “possibilità” quanto alla derivazione delle infermità indennizzabili per sindrome da talidomide.

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