La CTU ha funzione percipiente quando verte su elementi già allegati dalle parti, ma che soltanto un tecnico è in grado di accertare

La consulenza tecnica d’ufficio è mezzo istruttorio diverso dalla prova vera e propria, sottratto alla disponibilità delle parti e affidato al prudente apprezzamento del giudice di merito, rientrando nel suo potere discrezionale la valutazione di disporre la nomina dell’ausiliario; da tale premessa discende che la consulenza tecnica non soggiace al regime delle preclusioni per l’assunzione dei mezzi istruttori, potendo essere disposta d’ufficio dal giudice in qualsiasi momento, atteso che il giudizio sulla necessità e l’utilità di farvi ricorso e, quindi, sulla deduzione del fatto posto a fondamento della domanda e sull’indispensabilità dell’intervento del consulente per le sue cognizioni tecniche, rientra nel potere discrezionale del giudice del merito, il cui esercizio si sottrae al sindacato di legittimità anche quando difetti un’espressa motivazione al riguardo, dovendo ritenersi implicita nell’ammissione del mezzo istruttorio la valutazione della sua opportunità. Lo ha chiarito la Cassazione con l’ordinanza n. 35549/2021 pronunciandosi sul ricorso di un automobilista coinvolto in un sinistro stradale che si era visto rigettare la domanda per la condanna della compagnia assicuratrice convenuta e del conducente del veicolo antagonista al risarcimento dei danni subiti in conseguenza dell’incidente.

La Corte territoriale, a fondamento della propria decisione, aveva evidenziato come, dal complesso degli elementi istruttori acquisiti nel corso del giudizio, non fosse rimasto comprovato l’avvenuto accadimento dell’evento lesivo denunciato dall’attore, con la conseguente impossibilità di dar luogo all’accertamento del diritto al risarcimento dei danni dallo stesso rivendicato.

Nel rivolgersi alla Suprema Corte, il ricorrente deduceva, tra gli altri motivi, che il giudice d’appello avesse deciso sulla base di una consulenza tecnica d’ufficio relativa alle modalità del sinistro avente natura meramente esplorativa e sollecitata dalla controparte solo tardivamente, ossia solo a seguito della scadenza delle preclusioni istruttorie maturate nel corso del giudizio; il motivo è manifestamente infondato.

Gli Ermellini, tuttavia, hanno ritenuto le doglianze manifestamente infondate, compresa quella relativa alla qualificazione della consulenza tecnica di natura modale – ossia relativa alla ricostruzione, sulla base delle evidenze acquisite, delle presumibili modalità di verificazione di un sinistro stradale – alla stregua di una consulenza meramente ‘esplorativa’, specificando che è bene possibile “assegnare alla consulenza tecnica d’ufficio e alle correlate indagini peritali funzione ‘percipiente’ quando essa verta su elementi già allegati dalle parti, o comunque appartenenti nel loro complesso agli atti di causa, ma che soltanto un tecnico sia in grado di accertare per mezzo delle conoscenze e degli strumenti di cui dispone”.

La redazione giuridica

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