In caso di sinistro stradale ove il proprietario si trovi come soggetto trasportato, la qualità di vittima prevale su quella di assicurato (Cassazione Civile, Sez. III, Sentenza n. 12901 depositata il 13/05/2021)

In caso di sinistro ove il proprietario del veicolo viaggiava come soggetto trasportato, la qualità di vittima prevale su quella di assicurato, con la conseguenza che il proprietario ha diritto al risarcimento del danno.

In tali termini si è espressa la Suprema Corte di Cassazione confermando il diritto del proprietario del veicolo, a bordo dello stesso ma non alla guida, di ottenere il ristoro dei danni, senza che assuma rilevanza la sua eventuale corresponsabilità nel sinistro.

I figli della donna deceduta nel sinistro stradale, citavano a giudizio dinanzi il Tribunale di Taranto, il proprietario del camion Renault e la sua Compagnia assicuratrice, deducendone la esclusiva responsabilità e chiedendo il risarcimento dei danni jure proprio e jure successionis, nella misura rispettivamente di euro 301.392,45 ed euro 286.392,45.

Nello specifico, gli attori esponevano che la propria madre, era deceduta a seguito di sinistro stradale avvenuto tra la Mercedes 250, di proprietà della medesima e condotta da altro soggetto, e l’autocarro Renault di proprietà della società convenuta, il cui conducente perdeva la vita.

L’assicurazione convenuta chiedeva il rigetto della domanda deducendo che il sinistro era avvenuto per colpa concorrente del conducente della Mercedes.

Il Tribunale, previo accertamento della responsabilità concorrente del conducente della Mercedes nella misura del 25%, accoglieva parzialmente la domanda, condannando l’assicurazione del camion Renault, al netto degli acconti e della detrazione del 25%, al pagamento della somma di euro 113.506,84 e di euro 110.194,34 in favore dei figli della donna deceduta.

La decisione viene impugnata in appello e la Corte di Lecce, sezione distaccata di Taranto, rigettava l’appello.

La Corte territoriale, in buona sostanza, rilevava che il proprietario del veicolo, se trasportato, doveva vedersi ridotto il risarcimento del danno in ragione dell’aliquota di colpa ascritta al conducente del veicolo di cui era proprietario, e che di tale colpa rispondevano anche gli eredi del proprietario, sia che agissero iure proprio sia che agissero iure successionis.

I figli della donna deceduta (proprietaria della Mercedes) impugnano in Cassazione denunciando violazione o falsa applicazione degli artt. 1227,2043,2054 e 2059 c.c., L. n. 990 del 1969, artt. 4 e 18 ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e deducendo che è opponibile ai congiunti il concorso di colpa della vittima per la condotta illecita di questa, ma non quando al proprietario trasportato non sia ascritto alcun comportamento illecito e che dunque non può estendersi al proprietario l’illecito commesso dal conducente del veicolo.

Gli Ermellini ritengono la doglianza fondata.

Viene data continuità all’orientamento che ha affermato “in tema di assicurazione della responsabilità civile derivante dalla circolazione di autoveicoli, la disciplina di diritto interno deve essere interpretata in conformità alla giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, alla luce della quale la qualità di vittima-avente diritto al risarcimento prevale su quella di assicurato-responsabile; pertanto il proprietario del veicolo, il quale al momento del sinistro viaggiava sullo stesso come trasportato, ha diritto ad ottenere dall’assicuratore il risarcimento del danno derivante dalla circolazione non illegale del mezzo, senza che assuma rilevanza la sua eventuale corresponsabilità, salva l’applicazione, in detta ipotesi, dell’art. 1227 c.c.. Il concorso del fatto colposo del creditore, opponibile ai congiunti della vittima, è pertanto, chiaramente, quello specifico del proprietario trasportato e non quello del conducente del veicolo”.

Sottolinea il Collegio che a tale indirizzo si è uniformata anche la recente decisione Cass. 3 luglio 2020, n. 13738, mentre non ha fatto applicazione del principio di diritto in discorso Cass. 9 novembre 2020, n. 25087, ma solo in quanto ha ritenuto che nel caso di specie non ricorressero i presupposti di fatto per l’applicazione del detto principio.

Ergo, a tale principio di diritto in continuità dovrà attenersi la Corte territoriale in sede di rinvio.

Concludendo, la Suprema Corte di Cassazione accoglie il ricorso; cassa la sentenza in relazione al motivo accolto; rinvia alla Corte di appello di Lecce – Sez. distaccata di Taranto in diversa composizione.

Avv. Emanuela Foligno

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