Sordità congenita e requisito sanitario specifico per il beneficio dell’indennità (Cass. civ., sez. VI, 15 giugno 2022, n. 19256).

Sordità congenita e conseguente indennità di comunicazione riconosciuta.

Con sentenza del 21.4.20, il Tribunale di Lodi ha riconosciuto la sussistenza dei requisiti sanitari ai fini del conseguimento dell’indennità di comunicazione con decorrenza dalla domanda amministrativa.

Avverso tale sentenza ricorre l’INPS lamentando l’assenza dei requisiti di legge, in particolare, l’ipoacusia oltre determinati decibel, necessari per la prestazione.

Il motivo è privo di pregio.

La sentenza impugnata spiega correttamente come la ricorrente versi nelle condizioni di inabilità totale con bisogno di accompagnamento e con sordità centrale causata da patologie organiche (nella specie, sindrome di Rett).

Non rilevano, osserva la Suprema Corte, i limiti di decibel richiamati dall’INPS, atteso che il relativo D.M. (5 febbraio 1992), nel fissare limiti di decibel, ha tenuto in considerazione solo i casi di sordità periferica, non ricorrenti nella specie.

Oltretutto il citato DM del 1992 è anteriore alla disciplina dettata dalla L. n. 95 del 2006, che nel prevedere l’indennità di comunicazione ha tenuto conto, in via generale, della situazione di coloro che non hanno potuto apprendere l’uso del linguaggio parlato perché affetti da sordità congenita o acquisita durante l’età evolutiva. Ebbene proprio in tale categoria rientra la ricorrente che è affetta da sordità congenita centrale che le ha impedito il normale apprendimento del linguaggio parlato.

Non si discorre di applicazione in via analogica delle norme eccezionali del Decreto anche ai casi di ipoacusia al di sotto dei limiti di decibel previsti, come sostenuto dall’INPS, ma di applicare direttamente la disposizione normativa ricorrendo i presupposti dalla stessa indicati.

E’ già stato affermato che, in tema di benefici riconosciuti ai minorati sensoriali dell’udito affetti da sordità congenita, o acquisita durante l’età evolutiva, cosiddetti sordomuti prelinguali, la L. 26 giugno 1970, n. 381, art. 1, che prevede il diritto all’assegno d’assistenza (successivamente trasformato in pensione non reversibile dal D.L. 30 dicembre 1979, n. 663, art. 14 septies, convertito in L. 29 febbraio 1980, n. 33), si interpreta nel senso che la suddetta condizione patologica, che abbia impedito il normale apprendimento del linguaggio parlato, integra il fatto costitutivo del diritto al beneficio.

Ed ancora, l’indennità di comunicazione spetta anche a chi non abbia imparato a parlare perché non sente a causa di sordità centrale derivante da patologie organiche.

In altri termini, l’indennità compete anche a chi ha una compromissione dell’area comunicativo linguistica conseguente ad un danno centrale, in quanto lo stimolo acustico inviato all’orecchio e regolarmente arrivato al cervello non viene codificato e ritrasmesso al cervello per problema di carattere neurologico e non otoiatrico.

Per tali ragioni il ricorso viene rigettato e l’INPS viene condannato al pagamento delle spese di giudizio.

Avv. Emanuela Foligno

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