Per accertare se il sottotetto sia uno spazio condominiale o pertinenziale di un edificio, in mancanza del titolo, deve farsi riferimento alle sue caratteristiche strutturali e funzionali

Un condominio aveva chiamato in causa la società proprietaria di un appartamento posto all’ottavo e ultimo piano dell’edificio. Questa era accusata di avere realizzato delle opere illegittime, modificando il sottotetto dello stabile e sconfinando in un’area di proprietà comune. Il condominio chiedeva, pertanto, il ripristino dello stato dei luoghi come questi si presentavano prima  dell’esecuzione dei lavori, oltre al risarcimento del danno.

La società, da parte sua, controbatteva affermando che l’area interessata dai lavori era stata acquisita per usucapione. Chiedeva quindi l’accertamento dell’avvenuta usucapione, nonché la condanna degli attori al risarcimento dei danni, ai sensi dell’art. 833 c.c. in materia di atti di emulazione. Tale norma, vieta al proprietario di porre in essere atti rivolti esclusivamente a recare pregiudizio ad altri senza produrre nessuna utilità per chi li compie.

Il Tribunale di Milano, pronunciandosi sulla vicenda con la sentenza n. 4049/2017 ha ritenuto di dare ragione al condominio, accogliendone le pretese. Per il Giudice, infatti, anche se il regolamento di condominio, nell’elencare le parti comuni del condominio, non indicava il sottotetto, ciò non era sufficiente ad escludere che lo stesso rappresentasse una parte comune dell’edificio.

La giurisprudenza della Corte di Cassazione, al riguardo, ha fissato il principio di diritto secondo cui “per accertare la natura condominiale o pertinenziale del sottotetto di un edificio, in mancanza del titolo, deve farsi riferimento alle sue caratteristiche strutturali e funzionali”. Pertanto, se il sottotetto è oggettivamente destinato all’uso comune, esso può presumersi “bene comune”, ai sensi dell’art. 1117 c.c. Qualora invece abbia la sola funzione di isolare e proteggere l’appartamento da freddo, caldo e umidità, deve essere considerato proprietà esclusiva della società.

Nel caso esaminato, il Tribunale di Milano ha rilevato come il sottotetto non fosse una “semplice camera d’aria a protezione dell’appartamento sottostante”.

L’ambiente, per le sue caratteristiche strutturali, era infatti idoneo ad essere utilizzato autonomamente. Del resto, proprio la convenuta ne aveva occupato una parte a fini abitativi, espandendo l’appartamento di cui era proprietaria e senza modificare l’altezza del tetto.

I testimoni avevano riferito poi che nel sottotetto erano presenti gli impianti condominiali e che vi erano depositati attrezzi e materiali di proprietà del condominio. Inoltre, al sottotetto accedevano i tecnici del condominio per provvedere alla manutenzione degli impianti e del tetto, passando attraverso l’appartamento della società convenuta.

 

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