La Corte di Cassazione ha confermato lo stato di adottabilità di una minore. I disturbi psichici della madre le avrebbero impedito di vivere in un ambiente sereno e di ricevere quel minimo di cure materiali, affetto o aiuto psicologico indispensabile per la sua crescita

“Il ricorso alla dichiarazione di adottabilità costituisce solo una soluzione estrema, essendo il diritto del minore a crescere ed essere educato nella propria famiglia d’origine, quale ambiente più idoneo al suo armonico sviluppo psicofisico, tutelato in via prioritaria dalla L. n. 184 del 1983, articolo 1. Il giudice di merito, a tal fine, deve operare un giudizio prognostico teso, in primo luogo, a verificare l’effettiva e attuale possibilità di recupero delle capacità e competenze genitoriali, con riferimento sia alle condizioni di lavoro, reddituali e abitative, senza però che esse assumano valenza discriminatoria, sia a quelle psichiche, da valutarsi, se del caso, mediante specifica indagine peritale, estendendo detta verifica anche al nucleo familiare, di cui occorre accertare la concreta possibilità di supportare i genitori e di sviluppare rapporti con il minore, avvalendosi dell’intervento dei servizi territoriali”. (Cass. n. 7559 del 27/03/2018)

Lo stato di abbandono che giustifica la dichiarazione di adottabilità ricorre quando i genitori non sono in grado “di assicurare al minore quel minimo di cure materiali, calore affettivo, aiuto psicologico indispensabile per lo sviluppo e la formazione della sua personalità e la situazione non sia dovuta a forza maggiore di carattere transitorio, secondo una valutazione che spetta al giudice di merito”. (Cass. n. 5580 del 04/05/2000.

La vicenda

Di tali principi aveva fatto corretta applicazione, la Corte di Appello di Torino, sezione minorenni, che nel confermare la decisione di primo grado, aveva dichiarato lo stato di adottabilità di una bambina.

La CTU medico legale espletata in giudizio, aveva condotto alla diagnosi di un “disturbo paranoideo di personalità” della madre, tale da comportare “importanti deficit nella strutturazione del sé e nel funzionamento interpersonale” e da richiedere una presa in carico da parte dei Servizi territoriali di Psichiatria e Neuropsichiatria.

La decisione

Contrariamente a quanto assunto dalla ricorrente, la Corte territoriale non aveva pronunciato lo stato di adottabilità della piccola in ragione delle patologie di tipo psichiatrico che le erano state diagnosticate, quanto piuttosto per la severa compromissione che ne era derivata alla propria capacità genitoriale, sia per quanto riguarda la cura materiale della minore (la meno pregiudicata), sia – soprattutto – per quanto attiene alle cure psicologiche e affettive: “La madre – si legge nella sentenza impugnata –  ha uno stile genitoriale incoerente, spesso distaccata e altrettanto spesso intrusiva: non riesce a far sentire la bambina competente in nulla e invalida continuamente le sue iniziative, correggendola. La bambina non si sente capita non solo per le sue difficoltà di linguaggio ma anche perché la sua mamma sistematicamente nega o ridicolizza i suoi vissuti negativi quali rabbia, tristezza, angoscia, invidia e terrore”.

Tale negativa valutazione aveva trovato ulteriore riscontro nell’accerta volontà di quest’ultima di non attivarsi per seguire un percorso psicoterapeutico personale.

A fronte di tali circostanze la Corte di Cassazione (Prima Sezione Civile, ordinanza n. 28207/2019) ha confermato la decisione impugnata, rigettando in via definitiva il ricorso.

La redazione giuridica

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