Si è chiuso con una condanna e un’assoluzione il processo di appello nei confronti di due professionisti finiti a giudizio per la morte di un 19enne stroncato da un malore in classe nel 2013

Si era improvvisamente accasciato sotto gli occhi increduli dei compagni e  della docente. Il giovane, studente di un istituto alberghiero in provincia di Benevento, era morto all’età di appena 19 anni, stroncato da un malore mentre era in classe nel gennaio del 2013, nonostante i disperati tentativi dei soccorritori del 118 di rianimarlo.

La vicenda aveva visto l’apertura di un’inchiesta sfociata nel rinvio a giudizio e nella successiva condanna in primo grado di due cardiologi. In base a quanto ricostruito, infatti, il ragazzo, nei giorni antecedenti la tragedia, aveva accusato dolori al petto e difficoltà respiratorie. Come riporta “Otto pagine”, il medico di famiglia, pur attribuendo tali sintomi ad un colpo di freddo, gli aveva consigliato un elettrocardiogramma. Dall’esame, tuttavia, non era emersa alcuna patologia.

Stante il perdurare del malessere, il 19enne,  sempre su indicazione del medico di famiglia, si era sottoposto ad una radiografia del torace da cui era emersa una anomalia a livello cardiaco da approfondire. Quindi si era rivolto a un altro cardiologo che aveva individuato l’esistenza di una dilatazione aortica e, dopo lo svolgimento di ulteriori accertamenti, aveva ordinato il prima possibile una particolare Tac per definire l’entità della patologia. Esame che, tuttavia, il ragazzo non era riuscito a svolgere perché il giorno successivo era deceduto.

Gli accertamenti peritali svolti sul corpo del giovane avevano evidenziato, a detta del consulente incaricato dalla Procura, profili di responsabilità a carico dei due cardiologi che avevano seguito la vittima.

Al primo, in particolare, veniva contestato di non aver proceduto ai necessari approfondimenti, al secondo di non aver disposto l’immediato ricovero del giovane e il suo trasporto in una struttura per l’esecuzione dell’angiotac e dell’intervento.

Il Tribunale aveva riconosciuto le responsabilità dei due professionisti, ma la Corte di appello, nelle scorse ore, ha confermato la condanna di un anno (con sospensione della pena) solamente per il secondo camice bianco, assolvendo invece, per non aver commesso il fatto, l’altro collega imputato, nei confronti del quale sono state anche revocate le statuizioni civili. Il Giudice aveva infatti previsto una provvisionale di 100 mila euro in favore di madre e padre della vittima e di 50 mila euro per ciascuno dei due fratelli, tutti costituitisi parti civili nel procedimento.

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