Nessuna discriminazione tra lavoratori a tempo indeterminato e a tempo determinato nel rispetto delle norme sociali UE

Le condizioni di lavoro degli insegnanti a tempo determinato non possono essere svantaggiate rispetto ai colleghi titolari di contratto a tempo indeterminato; lo afferma la Suprema Corte di Cassazione nella sentenza 10219\2020.

Un gruppo di docenti a tempo determinato, con contratto di durata annuale, ha convenuto in giudizio, dinanzi il tribunale di Pesaro, il ministero della Pubblica Istruzione e dell’Università al fine di veder riconosciuta l’applicazione della clausola 4 dell’Accordo Quadro, allegato alla direttiva 1999\70. Avverso la sentenza della corte d’appello che accoglieva le ragioni di parte ricorrente, il Ministero della Pubblica istruzione proponeva ricorso per Cassazione.

La Suprema Corte, in ossequio a quanto previsto dalla clausola 4 del citato accordo quadro ribadiva che l’anzianità di servizio maturata, debba essere riconosciuta al personale assunto con modalità di contratto a termine al fine di garantire la medesima progressione stipendiale garantita ai docenti assunti con contratto a tempo indeterminato.

Aggiunge poi la Cassazione che:” Sulla base delle indicazioni fornite dalla Corte di Lussemburgo è stata recentemente decisa la questione che presenta analogie con quella oggetto di causa, relativa al riconoscimento, ai fini della ricostruzione della carriera del personale successivamente immesso in ruolo, del servizio prestato in forza di rapporti a termine ed anche in quel caso è stato ribadito che il principio di non discriminazione impone di disapplicare la normativa interna, che riserva all’assunto a tempo determinato un trattamento meno favorevole rispetto a quello del quale gode il dipendente ab origine a tempo indeterminato”.

“Sussiste infatti in capo agli Stati membri un obbligo di assicurare al lavoratore a tempo determinato condizioni di impiego che non siano meno favorevoli rispetto a quelle riservate all’assunto a tempo indeterminato “ comparabile”, sussiste quindi anche a fronte della legittima apposizione del termine al contratto, giacché detto obbligo è attuazione, nell’ambito della disciplina del rapporto a termine, del principio della parità di trattamento e del divieto di discriminazione che costituiscono norme di diritto sociale dell’Unione Europea di particolare importanza di cui ogni lavoratore deve usufruire, in quanto prescrizioni minime di tutela”.

Avv. Claudia Poscia

Hai vissuto una situazione simile? Scrivi per una consulenza gratuita a redazione@responsabilecivile.it o invia un sms, anche vocale, al numero WhatsApp 3927945623

Leggi anche:

Pubblico impiego: furbetto del cartellino assolto dal reato di falso ideologico

- Annuncio pubblicitario -

LASCIA UN COMMENTO O RACCONTACI LA TUA STORIA

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui