La CTU accerta che la lavoratrice è affetta da tendinosi alla spalla desta con limitazione funzionale dell’arto (Corte d’Appello di Roma, IV Sez. Lavoro, sentenza n. 597/2021 del 22 febbraio 2021)

La lavoratrice propone appello avverso la sentenza emessa in data 15 .10 .2015, con cui il Tribunale di Velletri, in funzione di Giudice del lavoro, respingeva le domande avanzate volte a fare accertare la natura professionale della malattia “tendinosi alla spalla destra con limitazione funzionale su tutti i piani” denunciata in data 09.08.2012.

L’appellante censura la sentenza per avere il Tribunale escluso, aderendo in maniera acritica alle conclusioni rassegnate dal C.T.U., la natura professionale della malattia denunciata, erroneamente ritenendo significativa la patologia omolaterale, in luogo di quella bilaterale, e senza considerare che trattandosi di malattia tabellata era L’Inail a dover dimostrare la sua origine extraprofessionale.

La Corte d’Appello dispone il rinnovo della C.T.U., al cui esito ritiene fondata l’impugnativa.

Preliminarmente viene dato atto che la ricorrente, di professione bracciante agricola, ha presentato all’Inail denuncia di malattia professionale per “tendinosi spalla destra”. In data 05.12.2002 l’Inail ha comunicato il rigetto della domanda per assenza del nesso di causalità tra patologia contratta ed attività lavorativa svolta.

La lavoratrice agiva in giudizio dinanzi al Tribunale di Velletri esponendo di avere svolto ininterrottamente per 29 anni mansioni di bracciante agricola addetta a lavori di “legatura, scacchiatura e vendemmia in vigne a tendoni “, attività che la impegnava per sei ore al giorno nei mesi di gennaio, febbraio, maggio, giugno, settembre ed ottobre e che la costringeva a mantenere posture incongrue ed a lavorare con braccia e mani alzate; che sia la patologia contratta, sia la lavorazione svolta erano previste al codice 78 ) della tabella delle malattie professionali allegata al D.M. 09.04.2008, ragion per cui l’origine professionale della malattia doveva ritenersi presunta.

L’Inail, invece, ha sostenuto che la ricorrente lavorava soltanto per novanta giorni l’anno, che l’attività svolta non comportava alcun sovraccarico biomeccanico dell’arto superiore, né movimenti ripetitivi dell’articolazione scapolo-omerale destra e che il quadro clinico era del tutto compatibile con la sua età anagrafica.

La CTU svolta in primo grado ha confermato la diagnosi di “tendinosi calcifica del sovraspinoso spalla dx con limitazione funzionale della spalla”, ma ha escluso che la patologia potesse essere messa in relazione con l’attività lavorativa svolta dalla ricorrente, in quanto “proprio a causa dell’attività lavorativa, svolta con entrambe le braccia, appare improbabile che la lesione, che ha dato segno di sé soltanto nel 2012, dopo oltre 20 anni di attività lavorativa, si sia estrinsecata soltanto ad un arto”.

Il CTU ha inoltre affermato che “tale quadro potrebbe anche essere la conseguenza di remoto traumatismo lavorativo o extralavorativo oltreché della normale involuzione senile dell’articolazione”.

In appello, la lavoratrice insiste per la natura professionale della malattia, e ritiene erronea la considerazione circa l’insufficienza della patologia omolaterale, piuttosto che bilaterale.

La CTU svolta in appello, dopo avere confermato la diagnosi di “tendinosi calcifica del sovraspinoso della spalla destra “, afferma che tale patologia ” è eziologicamente ricollegabile all’attività lavorativa prestata per circa sette mesi all’anno per oltre 26 anni in qualità di bracciante agricola , in quanto dall’esame degli atti e della documentazione sanitaria, risultano sussistere condizioni di svolgimento dell’attività lavorativa (forzose posture incongrue e protratte nel tempo, movimenti e torsioni abnormi e ripetute della spalla e dell’arto superiore destro, tempi di recupero e di riposo limitati o assenti; ritmi e carichi di lavoro esasperati) tali da poter essere considerati, per lo meno sotto il profilo concausale efficiente e determinante, di particolare rilevanza ai fini dell’insorgenza della suddetta infermità, come emerso da nume rosi studi statistico -epidemiologici e scientifici, che hanno dimostrato un eccesso di rischio per le lesioni muscolo – scheletriche nei lavoratori del comparto agricolo. Peraltro, la Nuova Tabella delle malattie professionali nell’agricoltura allegata al D. M. 9 aprile 2008, al codice 23 contempla la tendinite della spalla, del gomito, del polso, della mano (…) fra le malattie da sovraccarico biomeccanico dell’arto superiore eziologicamente riconducibili alle lavorazioni svolte in modo non occasionale, che comportano movimenti ripetuti, mantenimento di posture incongrue e impegno di forza “. Inoltre, “non risulta che la lavoratrice abbia mai subito un traumatismo alla spalla destra “, e “non è logico né concepibile che il naturale processo di invecchiamento coinvolga una sola articolazione scapolo -omerale risparmiando la controlaterale “…..(..)… “pertanto, deve ritenersi che ” la cuffia dei rotatori della spalla destra si sia usurata a causa del sovraccarico biomeccanico al quale è stato sottoposto per oltre 26 anni l’arto superiore destro della [ricorrente] durante lo svolgimento dell’attività di bracciante agricola addetta alle lavorazioni nei vigneti”.

Il Collegio condivide pienamente le conclusioni del C.T.U., ed evidenzia che trattandosi di malattia tabellata (in tal senso, cfr., in particolare la voce 78 della tabella allegata al D.M. 09.04.2008, la quale , tra le “malattie da sovraccarico biomeccanico dell’arto superiore “determinate da” lavorazioni, svolte in modo non occasionale, che comportano a carico della spalla movimenti ripetuti, mantenimento prolungato di posture incongrue “, prevede proprio la “tendinite del sovraspinoso”, ove denunciata entro il termine di due anni dal la cessazione dell’esposizione), era onere dell’Istituto provare, invece, la sua origine extraprofessionale e tale prova non è stata fornita.

In tal senso, non è idoneo ad escludere la presunzione di origine professionale della malattia la circostanza che dall’estratto conto previdenziale prodotto dalla lavoratrice risulta un numero di giornate lavorate inferiore, in quanto sia la durata ultraventennale dell’attività lavorativa (dall’01.01.1982 al 31.12.2012), sia il numero (mediamente 90) di giornate lavorate ogni anno, confermano la natura non occasionale delle lavorazioni svolte.

Corretta, pertanto la conclusione del CTU e la quantificazione dei postumi effettuata nella misura del 6%.

In considerazione di ciò la sentenza di primo grado merita di essere riformata.

La Corte d’Appello, quindi, dichiara che la malattia denunciata dalla ricorrente in data 09.08.2012 è di natura professionale ed ha determinato una lesione permanente dell’integrità psico-fisica pari al 6%.

In conclusione, la Corte in riforma della sentenza impugnata, dichiara che la malattia denunciata dalla ricorrente in data 09.08.2012 è di natura professionale ed ha determinato una lesione permanente dell’integrità psico -fisica dell’appellante pari al 6%; condanna l’Inail all’erogazione dell’indennizzo per danno biologico in relazione al grado di invalidità riconosciuto, oltre interessi legali dalla scadenza del 120° giorno successivo alla data di presentazione della domanda amministrativa al saldo.

L’Inail viene, inoltre, condannato al pagamento delle spese di lite di entrambi i gradi di giudizio e al pagamento delle spese di CTU di entrambi i gradi di giudizio.

Avv. Emanuela Foligno

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