Il Galles è l’unico Paese del Regno Unito al momento, in cui non sarà più necessario dichiararsi favorevoli in materia di donazione degli organi. Basterà che una persona non si rifiuti esplicitamente e reni, fegato, cornee e altri tessuti utili potranno essere usati nei trapianti.

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La scelta è motivata per vedere crescere la quota dei donatori. In Europa i risultati migliori li fa registrare la Spagna: con trentasei donatori ogni milione di persone, in Italia siamo a quota 23,1 (la media europea è di 16,1 donatori per milione). Quindi, i cittadini gallesi che vorranno diventare donatori di organi – discorso valido per tutti: reni, cuore, fegato, cornee, polmoni e pancreas – non devono fare nulla.

I maggiorenni che hanno vissuto per almeno un anno durante la loro vita nel Paese e chi lì muoiono vengono presi in esame per l’eventuale prelievo di tutti gli organi sani. Addio alla dichiarazione di volontà, quel documento che ogni italiano deve compilare per comunicare l’intenzione di donare i propri organi, una volta deceduto. In Galles vale ormai quello che, in gergo tecnico, si chiama “presunto consenso”.

Chi non intende mettere i propri organi a disposizione (86 mila le comunicazioni simili già ricevute) dovrà impegnarsi nel comunicarlo finché è in vita o lasciarlo detto ai parenti di primo grado (moglie, genitori, figli), che potranno esplicitare ai medici la volontà del proprio congiunto di rinunciare alla donazione.

E In Italia? la situazione è tutto sommato incoraggiante perché più che per il mancato consenso, da noi i problemi sono di tipo organizzativo. Dal sito della Fondazione Umberto Veronesi abbiamo riscontrato che il rene è stato trapiantato in 1584 persone, pari al 79% dei pazienti in lista di attesa. Ma i più “fortunati”, se così si può dire, sono stati coloro che erano in attesa di un fegato nuovo, “accontentati” nell’83% dei casi (10546 gli interventi effettuati).

Numeri difficili da interpretare per chi non ha mai avuto una simile esperienza, ma che valgono una vita per i 2976 italiani che nel 2014 hanno ricevuto un trapianto di organo: oltre che fegato e reni, cuore (226 interventi) e polmoni (126) gli altri coinvolti, con numeri stabili rispetto all’anno precedente. C’è un altro aspetto da sottolineare: la qualità dei progressi compiuti in sessant’anni, se si considera che il primo trapianto di reni fu realizzato soltanto nel 1954. Nell’ultimo anno sono cresciuti anche i trapianti di tessuti (+10,9%): cute, cartilagini, legamenti, ossa e cornea. In aumento pure i trapianti allogenici di cellule staminali emopoietiche (1695 gli interventi effettuati), talvolta ultima chance per chi ha un mieloma, una leucemia o un linfoma.

Per vedere aumentare questi numeri secondo Alessandro Nanni Costa, direttore generale del Centro Nazionale Trapianti  «serve potenziare i reparti di rianimazione, sviluppare il sistema della carta d’identità (da qualche tempo è possibile comunicare la propria volontà anche agli uffici anagrafe dei Comuni, e il dialogo con le famiglie». Nelle Regioni del Nord-Italia siamo vicini alla trenta donazioni per milione di persone: qualcosa di non troppo diverso dall’efficiente modello spagnolo.

Mentre al Sud, la quota è quasi dimezzata e dunque migliorabile. E poi possiamo crescere sulle donazioni da persone morte per cause cardiache. Il “silenzio-assenso”, introdotto dagli articoli 4 e 5 della Legge 91 del 1999, non ha mai trovato attuazione in Italia, terza forza tra i grandi Paesi europei per numero di donatori: alle spalle di Spagna e Francia.

«S’è rivelato tecnicamente irrealizzabile, perché il legislatore aveva deciso di interpellare tutti i potenziali donatori attraverso una notificazione da parte dell’ufficiale giudiziario: procedura che ha complicato sensibilmente la pratica – chiosa l’esperto, che sta limando il nuovo piano nazionale delle donazioni, da lanciare a gennaio». Così facendo aumenterebbe la quota di organi disponibili, ma si ridurrebbe anche la libertà della persona. Il problema non è soltanto culturale, ma sopratutto organizzativo. E se parliamo ancora di donazione, è giusto registrare l’espressione di volontà del cittadino.

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