Ritenuta responsabile di violenza privata una dottoressa dell’ospedale di Tivoli che nel 2013 aveva disposto cinque trasfusioni a una donna, Testimone di Geova, nonostante quest’ultima avesse esplicitamente negato il consenso a tale trattamento

Due anni di reclusione, con sospensione condizionale della pena, per violenza privata. E’ la condanna inflitta a una dottoressa in servizio presso il nosocomio di Tivoli, riconosciuta colpevole di aver effettuato trasfusioni di sangue a una donna di 36 anni, Testimone di Geova, contro la sua volontà. La professionuista è stata anche condannata a pagare un risarcimento alle parti civili.

Il fatto risale al 2013 quando la paziente era stata trasferita d’urgenza a Tivoli dall’ospedale di Colleferro per una grave insufficienza respiratoria. La ragazza, in pericolo di vita, era stata posta in coma farmacologico. Nel reparto di terapia intensiva le erano state praticate cinque trasfusioni di sangue, nonostante il divieto esplicito a tale trattamento reso dalla donna in un’apposita Direttiva Anticipata e poi confermato da un amministratore di sostegno.

Nonostante i tentativi dei medici di salvarla la paziente, in seguito all’ultima trasfusione, era deceduta.

I consulenti tecnici di parte civile avevano spiegato che le trasfusioni di sangue effettuate sia il giorno del decesso sia in precedenza non erano il trattamento medico appropriato visto il problema respiratorio della paziente. Inoltre, dal punto di vista deontologico, i medici non potevano esimersi dal rispettare il rifiuto della paziente.

“La condanna del Tribunale di Tivoli – si legge in una nota dei Testimoni Geova – conferma la centralità del diritto all’autodeterminazione terapeutica sancito dall’art. 32 della Costituzione e ribadito dalla recente legge 219/2017. Ma fa di più: chiarisce che, anche se il paziente è incosciente, trascurare le sue volontà espresse tramite DAT e oltretutto ribadite dall’amministratore di sostegno appositamente nominato dal Giudice Tutelare espone il medico a una condanna penale”. 

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