Trattamento sanitario senza consenso, quando c’è lesione del diritto all’autodeterminazione?

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Trattamento di trombolisi effettuato senza il consenso del paziente a seguito del quale residuano, dopo mesi di riabilitazione, postumi invalidanti nella misura del 90%. La Cassazione ricorda la “bipartizione” secondo cui la violazione degli obblighi informativi può essere dedotta 1) rispetto alla lesione del diritto alla salute, 2) rispetto alla lesione del diritto all’autodeterminazione (Corte di Cassazione, III civile, ordinanza 26 giugno 2024, n. 17649).

Il caso

La Corte d’appello dell’Aquila ha rigettato l’appello proposto avverso la sentenza n. 120/2016 del Tribunale di Vasto, con cui era stata rigettata la domanda formulata nei confronti della ASL n. 2 Lanciano-Chieti-Vasto, avente ad oggetto il risarcimento dei danni subiti in conseguenza del trattamento farmacologico di trombolisi, somministrato al paziente, senza acquisirne il consenso informato, presso l’Ospedale ove per un malore accusato durante una partita di calcio sulla spiaggia, gli era stata diagnosticata “stenocardia in atto”. A seguito di tale trattamento si verificava emorragia cerebrale cui seguiva ricovero nel reparto di rianimazione e un intervento di tracheotomia da cui erano residuati, dopo mesi di riabilitazione, postumi invalidanti nella misura del 90%.

Motivazione della Corte d’appello: esecuzione corretta e nesso causale escluso

I Giudici di secondo grado, basandosi sulla CTU medico-legale, hanno escluso la non corretta esecuzione della prestazione sanitaria, sul duplice rilievo che “la fibrinolisi era l’unico trattamento eseguibile per la risoluzione delle conseguenze dell’infarto miocardico in atto (avuto riguardo alla non praticabilità in loco del trattamento alternativo di angioplastica e all’impossibilità di tempestivo trasferimento del paziente in altri nosocomi, attrezzati per tale diverso trattamento) e che non era dimostrato il nesso causale tra esso trattamento e la successiva emorragia cerebrale (avuto riguardo, per un verso, al dato statistico, riferito dal CTU, secondo cui quest’ultima è osservata solo nello 0,9-1% dei casi di trattamento fibrinolitico e, per l’altro, alla ulteriore considerazione peritale per la quale l’evento emorragico era ascrivibile, con maggiore probabilità che al farmaco trombolitico, ai farmaci anticoagulanti, i quali sarebbero stati somministrati al paziente anche in caso di effettuazione del diverso trattamento di angioplastica).”

Esclusione della violazione del consenso informato e lesione del diritto all’autodeterminazione

Riguardo la violazione dell’obbligo informativo, la Corte abruzzese ne ha escluso la sussistenza, così come ha escluso la sussistenza di lesione del diritto all’autodeterminazione. Sotto il primo profilo, ha ritenuto non provato che il paziente, giunto in ospedale con infarto miocardico acuto, se fosse stato informato della sua situazione patologica, della necessità di un intervento in tempi stretti, della praticabilità immediata della terapia farmacologica, dei rischi ad essa connessi, delle possibili complicanze e della necessità di un trasferimento in altro ospedale per l’effettuazione della alternativa terapia chirurgica, comunque non esente da complicanze in parte analoghe, avrebbe rifiutato il trattamento fibrinolitico, optando per la scelta di essere curato in luoghi e con modalità diversi o di non essere curato affatto.

Allegazioni insufficienti e insussistenza del danno-conseguenza

Sotto il secondo profilo, i familiari del paziente si sono limitati ad allegare la lesione del diritto all’autodeterminazione (il danno-evento) senza allegare gli specifici ed apprezzabili pregiudizi, diversi da quelli conseguenti alla lesione del diritto alla salute, che da tale violazione sarebbero loro derivati (ovverosia i danni-conseguenza).
Sempre sotto questo ultimo profilo, i Giudici di secondo grado affermano che la mancata informazione aveva determinato nel paziente il danno-conseguenza costituito dalla sofferenza e dalla contrazione della libertà di disporre di sé stesso, del quale non sarebbe stato necessario fornire la prova specifica, e osservano che, contrariamente a tale assunto, la sofferenza per non aver potuto liberamente decidere non individua alcun danno – conseguenza e che, in mancanza della allegazione e della prova di tale specifico danno, legato al danno-evento dal nesso di causalità giuridica, la domanda risarcitoria non poteva che essere rigettata, dovendosi escludere che la violazione dell’obbligo di acquisire il consenso informato desse vita ad un danno in re ipsa.

Consenso informato e lesione del diritto all’autodeterminazione: il punto della Cassazione

La vicenda finisce in Cassazione limitatamente alla statuizione con cui è stata negata la risarcibilità del danno conseguente alla lesione del diritto all’autodeterminazione determinata dall’inadempimento dell’obbligo informativo, sul presupposto – reputato erroneo – che tale risarcibilità sarebbe subordinata alla allegazione e alla specifica prova, da parte del danneggiato, delle conseguenze pregiudizievoli giuridicamente causate dal detto evento lesivo.
Il ricorrente sostiene che la lesione del diritto all’autodeterminazione, materialmente cagionata dalla violazione dell’obbligo di acquisire il consenso informato del paziente, determinerebbe, quali normali conseguenze, la sofferenza e la contrazione della libertà di disporre di sé stesso, unitamente al turbamento dipendente dalla realizzazione e dal verificarsi di tutti gli esiti invalidanti inattesi e indesiderati, non prospettati neppure come possibili dal personale sanitario inadempiente rispetto all’obbligo informativo.

Danno-evento e danno-conseguenza: rigetto del ricorso

La doglianza non è fondata. La Cassazione ricorda la “bipartizione” secondo cui la violazione degli obblighi informativi può essere dedotta 1) rispetto alla lesione del diritto alla salute, 2) rispetto alla lesione del diritto alla autodeterminazione.
Nella vicenda, la Corte ha ritenuto che il pregiudizio per la lesione del diritto di autodeterminazione non è stato provato, neppure presuntivamente. Oltre a ciò, tale pregiudizio non è stato specificamente allegato, in quanto il generico riferimento alla “sofferenza” e alla “contrazione della libertà di disporre di se stesso” non individua un danno-conseguenza, venendo a coincidere tautologicamente con la stessa violazione del diritto e, quindi, con il danno-evento.
Conseguentemente, la decisione dei Giudici abruzzesi è giuridicamente corretta, poiché diversamente ragionando si attribuirebbe alla lesione derivante dall’inadempimento dell’obbligo di acquisizione del consenso informato la natura di danno in re ipsa, in spregio al principio della causalità giuridica, che consente la risarcibilità delle sole conseguenze pregiudizievoli (patrimoniali o non patrimoniali) dell’evento lesivo.

Il ricorso viene rigettato.


Avv. Emanuela Foligno

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