L’Istituto Superiore di Sanità ha messo a punto un esame per diagnosticare la tubercolosi direttamente dalle urine dei pazienti

Identificare e misurare i componenti del batterio responsabile della tubercolosi direttamente dalle urine dei pazienti malati.
E’ questo il risultato del lavoro “Urine lipoarabinomannan (LAM) glycan in HIV negative patients with pulmonary tuberculosis correlates with disease severity” pubblicato Science Translational Medicine.
Lo studio è frutto di una collaborazione internazionale fra Istituto Superiore di Sanità, George Mason University e altre istituzioni in USA, Australia, Perù e UK.
Il lavoro dimostra che è possibile misurare nelle urine alcuni dei componenti strutturali o secretori del Mycobacterium tuberculosis (Mtb), il batterio responsabile della TBC.

Un sistema ad elevata sensibilità e specificità, grazie a delle innovative nanoparticelle, che consente la riduzione dei tempi di diagnosi e dell’invasività delle analisi.

Le condizioni ottimali per l’esecuzione del test, fanno sapere dall’ISS, sono già state messe a punto.
In particolare, è stato realizzato un prototipo di test rapido simile ad un test di gravidanza, che permette di determinare differenti biomarcatori di infezione tubercolare.
Si può quindi prevedere, spiega Roberto Nisini – Primo Ricercatore del Dipartimento Malattie Infettive dell’ISS – un rapido trasferimento della tecnologia alla pratica clinica.

Il test contribuirebbe a colmare un gap diagnostico, offrendo nuove prospettive nel controllo della TBC.

Una prospettiva particolarmente incoraggiante soprattutto per i paesi in via di sviluppo, dove l’esame potrebbe contribuire alla limitazione della diffusione della TBC.
Il lavoro si basa sull’utilizzo di nanoparticelle capaci di catturare con alta efficienza costituenti microbici con diverse strutture chimiche, fra cui i glicani e le proteine.
Con l’utilizzo di queste nanoparticelle è stato possibile concentrare e proteggere dalla degradazione alcuni costituenti strutturali del Mtb o secreti.  Sostanze che sono rilasciate nei liquidi biologici di tutti i soggetti con TBC.
I risultati dimostrano che la rilevazione di tali componenti è diagnostica per TBC. Esiste una correlazione tra la quantità di LAM misurata nelle urine e la severità della malattia.
“La potenzialità di tali nanoparticelle di concentrare e conservare molecole nei liquidi biologici anche quando sono presenti in bassissime dosi – conclude Nisini – ci è apparsa estremamente utile per poter migliorare la diagnosi di alcune malattie infettive”.
 
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