I dubbi dello SMI: istituzione delle unità speciali presso le sedi di continuità assistenziale rischia di creare serbatoio di diffusione dell’infezione

Con la pubblicazione  in Gazzetta ufficiale del decreto ‘Disposizioni urgenti per il potenziamento del Ssn in relazione all’emergenza da COVID-19 D.L. 14/2020’ il Governo  ha previsto, tra le altre misure, l’istituzione di unità speciali di continuità assistenziale per le persone positive al nuovo Coronavirus non ricoverate in ospedale, oltre che continuità di assistenza per  le persone con disabilità.

Nello specifico – spiega Giovanni Senese, Responsabile Nazionale per la Continuità Assistenziale del Sindacato Medici Italiani – per consentire al medico di medicina generale o al pediatra di libera scelta o al medico di continuità assistenziale di garantire l’attività assistenziale ordinaria, le regioni istituiscono, entro dieci giorni dall’entrata in vigore del decreto, presso una sede di Continuità Assistenziale già esistente, una unità speciale ogni 50.000 abitanti per la gestione domiciliare dei pazienti affetti da Covid-19 che non necessitano di ricovero ospedaliero.

L’unità speciale è costituita da un numero di medici pari a quelli già presenti nella sede di continuità assistenziale prescelta. E’ attiva sette giorni su sette, dalle ore 8.00 alle ore 20.00, e possono farne parte: i medici titolari o supplenti di continuità assistenziale; i medici che frequentano il corso di formazione specifica in medicina generale; i laureati in medicina e chirurgia abilitati e iscritti all’ordine di competenza. Ai camici bianchi è riconosciuto un compenso lordo di 40 euro ad ora.

Il Sindacato Medici Italiani, tuttavia, avanza perplessità sul fatto che la sede di tali Unità Speciali sia la stessa postazione della Continuità Assistenziale già presente sul territorio.

“Questo – si chiede Senese – non contribuirà a creare un serbatoio con un potenziale pericoloso di super-diffusore di infezione da Covid-19? Non sarebbe più giusto e più sicuro diversificare le sedi sul territorio in modo da non creare sovrapposizioni di percorsi? Inoltre, i medici che ne faranno parte, su base volontaria, saranno muniti di tutti i D.P.I. previsti per tale tipologia di attività o si assisterà, come sempre accade, solo ad un moltiplicarsi di delibere aziendali, distrettuali e/o regionali senza che nulla di concreto venga fatto per la sicurezza degli operatori e della stessa utenza?”

A pochi giorni dalla nascita di tali Unità i medici di Continuità Assistenziale chiedono dunque le garanzie di sicurezza.“Ricordiamo – prosegue il rappresentante dello SMI – che i predetti operatori da sempre lavorano in condizioni di precarietà assoluta, in sedi fatiscenti e molto spesso non a norma, senza alcuna sicurezza già in condizioni ordinarie ed abituali.

Il Sindacato annuncia quindi che vigilerà nel rispetto delle norme di attuazione del predetto D.L. per l’attività dei medici della Continuità Assistenziale “che, per 40 anni hanno contribuito, con pochi mezzi e spesso sulla loro pelle, a migliorare la Sanità in Italia”.

“Ci farebbe piacere – aggiunge Senese – che il Governo e la Parte Pubblica in generale si ricordasse dell’attività dei tanti medici operanti nel Settore della C.A. anche in momenti e in condizioni di non emergenza”. Il riferimento, in particolare, è quello relativo alle richieste avanzate dalla categoria in sede Contrattuale Nazionale.

“La Continuità Assistenziale – conclude – c’è e farà anche questa volta la sua parte come lo ha sempre fatto da quant’anni a questa parte con la fiducia che ha sempre riposto nelle Istituzioni e con la professionalità di sempre, specie in questo momento così delicato, affinché nessuno venga lasciato solo, sia gli operatori e sia i pazienti”.

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