Confermata la condanna per un automobilista accusato di guida in stato di ebbrezza con l’aggravante di aver provocato un incidente consistito nell’urto tra specchietti retrovisori delle due vetture coinvolte
La definizione di “incidente stradale” comprende non soltanto lo scontro tra veicoli o tra veicoli e persone, ma anche l’urto tra specchietti retrovisori, dal momento che si tratta comunque di una manifestazione di maggiore pericolosità della condotta di guida, punita più gravemente a prescindere dall’evento che si è verificato effettivamente, che può avere o meno coinvolto altri veicoli o persone, situazione certamente riscontrabile nella concreta fattispecie, rivelatrice di effetti particolarmente pericolosi derivanti dall’uso di bevande alcoliche oltre i limiti prescritti dal codice della strada.
E’ quanto afferma la Cassazione nella sentenza n. 36786/2020 pronunciandosi sul ricorso di un automobilista ritenuto responsabile, in sede di merito, del reato di guida in stato di ebbrezza e condannato a sei mesi di arresto e a 1500 euro di ammenda, con revoca della patente di guida e confisca del veicolo.
Nel rivolgersi alla Suprema Corte l’imputato deduceva che non fosse dimostrato il fatto che egli avesse adottato una manovra imprudente o contraria alle norme del Codice della Strada, quale, ad esempio, l’invasione della corsia di marcia opposta, poiché egli non aveva “causato” l’urto fra i due veicoli. L’aggravante prevista dall’art. 186, comma 2-bis del Codice della Strada, a suo dire, si applicherebbe esclusivamente a colui che ha provocato un sinistro stradale, non essendo sufficiente la circostanza di essere stato solo coinvolto in tale incidente. Nella specie, inoltre, si era trattato dell’urto tra specchietti retrovisori e non di un vero e proprio incidente stradale.
Gli Ermellini, tuttavia, hanno ritenuto inammissibile il motivo di doglianza.
La costante giurisprudenza di legittimità, infatti, nel definire la nozione normativa di incidente stradale, fa riferimento in primo luogo, al significato letterale del termine, che lo identifica come qualsiasi avvenimento che interrompe il normale svolgimento della circolazione causando pericolo per la collettività. In secondo luogo, tale definizione coincide proprio con quella che si evince dalle norme del Codice della Strada quando viene usata tale locuzione. Su tale base, la nozione di incidente stradale non può che ricomprendere qualsiasi traumatismo collegato alla circolazione dei veicoli potenzialmente idonea a provocare danni.
Nel caso in esame, pertanto, i giudici di merito avevano correttamente ritenuto la responsabilità dell’imputato per il riconosciuto stato di ebbrezza volontariamente determinato dal soggetto agente che si era posto alla guida del mezzo in assenza delle condizioni di normale lucidità e prontezza che gli avrebbero consentito di ottemperare agli obblighi di previsti dal codice della strada e mantenere il controllo del veicolo.
Come emerso dalla motivazione della sentenza impugnata, infatti, “lo stato di obnubilamento in cui versava l’imputato a causa della massiccia assunzione di alcolici prima di mettersi alla guida è stato determinante, posto che a prescindere dalle addotte manovre di emergenza che fu costretto a fare a causa del manto stradale, se fosse stato sobrio avrebbe prestato più attenzione al contesto ed avrebbe mantenuto il controllo del veicolo evitando di sterzare a sinistra proprio mentre stava per incrociare un’auto proveniente dal senso opposto di marcia”.
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