L’esponente aveva citato in giudizio l’Asl di Roma per il rimborso delle spese sostenute all’estero, presso una casa di cura di Lugano, alla quale si era rivolta per curare la bulimia nonché i disturbi psicopatologici da cui era affetta
In realtà, la suddetta clinica era tutt’altro che centro di altissima specializzazione; essa costituiva lo strumento per la commissione di gravi reati.
A detta della ricorrente, dunque, l’obbligo informativo dell’azienda sanitaria, se assolto correttamente con l’indicazione dei centri presenti in Italia per la cura della patologia della quale era affetta, non avrebbe ingenerato il danno corrispondente al valore economico del rimborso per le spese sanitarie sostenute e documentate; quest’ultima si era invece, limitata a fornire una mera presunzione di non sussistenza della predetta connotazione, e di avere assolto tutti gli oneri richiesti dal decreto ministeriale per il rimborso delle spese mediche.
In appello, l’azione risarcitoria è stata respinta. A detta della corte territoriale mancava la prova del nesso causale tra omessa informazione dell’Asl e danno patito dalla ricorrente.
Il giudizio di legittimità
Al riguardo si sono pronunciati anche in giudici della Suprema Corte di Cassazione (sentenza n. 17780/2019), che hanno confermato la sentenza impugnata.
«In ordine alla domanda di risarcimento del danno, asseritamente patito per omessa informazione, da parte dell’azienda sanitaria, dei centri di specializzazione in Italia per la cura della patologia da cui la ricorrente era affetta, non risultava in alcun modo allegato il fatto ingiusto a fondamento della tutela risarcitoria pretesa, a fronte della libera scelta di recarsi all’estero presso un Centro di cura non qualificabile come centro di altissima specializzazione e costituente, anzi, vera e propria struttura organizzata dal titolare per la commissione e protrazione di gravi reati per i quali era stato accusato dall’autorità giudiziaria elvetica».
La redazione giuridica
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