Vendita all’asta: l’acquirente non può far valere i vizi della cosa venduta

0
vendita asta

In caso di vendita all’asta di bene oggetto di pegno, non si applica la normativa prevista per la vendita forzata e, in particolare, il disposto di cui all’art. 2922 c.c. che nega alla parte acquirente di far valere i vizi della cosa venduta

L’acquisto di preziosi durante una vendita all’asta

Una S.r.l. che svolgeva professionalmente attività di commercio di oro e preziosi, aveva citato in giudizio la banca per ottenere la restituzione del prezzo e dei diritti d’asta, in ragione di vizi riscontrati nell’acquisto di alcuni preziosi durante una vendita all’asta organizzata dalla stesso istituto di credito.

Dopo aver denunciato i vizi, la società aveva chiesto un Accertamento Tecnico Peritale, per mezzo del quale accertava che i preziosi acquistati avevano caratteristiche e peso diversi rispetto a quelli riportati nei lotti d’asta.

In primo grado, il Tribunale di Bari – ritenendo le vendite poste in essere su pegno “vendite forzate” cui si applica la disciplina prevista negli artt. 2919 e ss. c.c. e, in particolare, quella di cui all’art, 2922 c.c., che esclude per l’acquirente la possibilità di far valere la garanzia per i vizi della cosa ex art. 1490 c.c. ed esperire l’azione di rescissione per lesione ex art. 1448 c.c. – rigettava la domanda della società attrice, condannandola al pagamento delle spese di giudizio.

La Corte d’Appello di Bari, confermava le ragioni del giudice di prime cure in punto di applicabilità al caso di specie dell’art. 2922 c.c., rilevando che comunque non si trattava di una ipotesi di aliud pro alio.

La vicenda è giunta dinanzi ai giudici della Suprema Corte di Cassazione, che hanno rigettato il ricorso perché infondato (Corte di Cassazione, Terza Sezione Civile, ordinanza n. 8881/2020).

Invero, nel caso di specie, era lo stesso regolamento d’asta accettato dai partecipanti ad avere efficacia dirimente. Esso, infatti, disciplinava il diritto della parte a visionare gli oggetti esposti prima della vendita all’asta, nonché il tempo oltre il quale qualsiasi via di reclamo postumo non sarebbe stata più formulabile. In particolare, il citato regolamento, all’art. 17, espressamente prevedeva “con la partecipazione all’asta il concorrente ammette implicitamente d’aver esaminato le cose poste in vendita e di averle accettate tali e quali esse sono. Qualsiasi reclamo deve essere rivolto al funzionario incaricato di dirigere l’asta. Non sono quindi ammessi reclami postumi sulla quantità, qualità o condizione degli oggetti aggiudicati”.

Il regolamento d’asta

Era evidente, dunque, che il regolamento prevedesse una implicita deroga o, piuttosto, una limitazione temporale, convenzionalmente pattuita, della garanzia per i vizi della cosa, quale estrinsecazione del potere di autonomia negoziale garantita dal nostro ordinamento all’art. 1322 c.c, nei limiti di cui al secondo comma.

Al riguardo la Corte di Cassazione ha affermato che “l’assunzione del suddetto rischio supplementare può formare oggetto di una espressa pattuizione, ma può anche risultare per implicito dal regolamento convenzionale che le parti abbiano dato al rapporto e dal modo in cui hanno strutturato le loro obbligazioni. (Cass. Sezione Seconda, n. 17485/2012). Con la conseguenza che, anche nel caso di specie, l’accettazione del regolamento d’asta – giusta la previsione dell’art. 17 dello stesso – pur connotante una parziale aleatorietà del contratto inter partes, portava ad escludere l’applicabilità stessa degli artt. 1490 (garanzia per i vizi della cosa venduta) e 1497 c.c. (mancanza di qualità).

Il principio di diritto

Tanto premesso, in relazione al caso in esame il Supremo Collegio ha affermato il seguente principio di diritto: “in caso di vendita all’asta di bene oggetto di pegno non si applica la normativa prevista per la vendita forzata e, in particolare, il disposto di cui all’art. 2922 c.c., che nega alla parte acquirente di far valere i vizi della cosa venduta, solo in quanto le cose ricevute in pegno non sono negoziabili liberamente dal creditore garantito, comunque tenuto al rispetto delle leggi speciali inerenti alle forme particolari di costituzione di pegno e agli istituti autorizzati a fare prestiti sopra pegni, ex art. 2785 c.c.; deve, pertanto, ritenersi lecita, e meritevole di tutela, ex art. 1322 c.c., la previsione regolamentare e convenzionale di escludere, anche in via implicita, il diritto del partecipante all’asta di far valere i vizi redibitori e la mancanza di qualità della cosa venduta ex artt. 1490 e 1497 c.c., ricavabile in via implicita anche tramite il regolamento che la disciplina, fatta salva l’eccezione di vendita aliud pro alio”.

Avv. Sabrina Caporale

Hai vissuto una situazione simile? Scrivi per una consulenza gratuita a redazione@responsabilecivile.it o invia un sms, anche vocale, al numero WhatsApp 3927945623

Leggi anche:

PRELIMINARE DI VENDITA: LA CONSEGNA DEL BENE NON TRASFERISCE LA PROPRIETA’

- Annuncio pubblicitario -

LASCIA UN COMMENTO O RACCONTACI LA TUA STORIA

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui