Violazioni in materia di sicurezza sul lavoro e norme antinfortunistiche: la valutazione del pregiudizio nei confronti di terzi estranei (Cassazione penale, sez. I, dep. 24/01/2022, n.2547).

Violazioni in materia di sicurezza. Il Tribunale del riesame di Potenza ha annullato, in accoglimento dell’appello proposto dall’indagato, la misura cautelare del divieto di esercitare, per la durata di sei mesi, determinate funzioni all’interno di entità imprenditoriali, applicata dal GIP del Tribunale di Lagonegro.

L’imputato, legale rappresentante della società edile, è stato incaricato dell’esecuzione di lavori di smantellamento del tetto spiovente, composto da una struttura in legno e copertura in tegole, di un fabbricato.

A seguito di un controllo di polizia, sono state accertate sul cantiere gravi violazioni in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro, consistenti nell’assenza diffusa di protezioni contro il rischio di caduta dall’alto, nell’utilizzo di una scala portatile non conforme, nella presenza di aperture e vuoti nei solai, nell’assenza di recinzione di cantiere e nell’incompletezza del Piano Operativo di Sicurezza.

Il Tribunale del riesame, contrariamente a quanto dedotto dal GIP, ha escluso che tali condotte integrino, oltre alle violazioni in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro previste, il delitto di rimozione od omissione dolosa di cautela contro gli infortuni sul lavoro.

Al riguardo, ha ritenuto che l’imputato, abbia messo in pericolo l’integrità fisica di uno o, al più, due lavoratori e non anche – come richiesto dall’art. 437 c.p., nell’interpretazione che ne fornisce la giurisprudenza di legittimità – di una vera e propria collettività lavorativa, intesa quale numero di lavoratori (o di persone gravitanti attorno all’ambiente di lavoro) sufficiente a realizzare una condizione di indeterminata estensione del pericolo.

Il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Lagonegro propone ricorso per cassazione affidato ad un unico, articolato motivo, con il quale deduce violazione di legge e vizio di motivazione.

Addebita, il Procuratore ricorrente, al Tribunale del riesame di avere ridotto il thema decidendum al profilo materiale della condotta delittuosa, di violazioni in materia di sicurezza, senza offrire un appagante percorso argomentativo e di avere, per di più, disatteso l’indirizzo della giurisprudenza in ordine al decisivo requisito della diffusività del pericolo ed alla concreta possibilità che il reato venga configurato anche quando la platea interessata non oltrepassa la sfera dei dipendenti di un piccolo insediamento produttivo, in tal modo indebitamente propendendo per un approccio di tipo meramente quantitativo.

Il ricorso è fondato.

L’art. 437 c.p., prevede che “Chiunque omette di collocare impianti, apparecchi o segnali destinati a prevenire disastri o infortuni sul lavoro, ovvero li rimuove o li danneggia, è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni” ed a quello successivo che “Se dal fatto deriva un disastro o un infortunio, la pena è della reclusione da tre a dieci anni”.

Ai fini della configurabilità dell’ipotesi delittuosa è necessario che l’omissione, la rimozione o il danneggiamento dolosi degli impianti, apparecchi o segnali destinati a prevenire infortuni sul lavoro si inserisca in un contesto imprenditoriale nel quale la mancanza o l’inefficienza di quei presidi antinfortunistici abbia l’attitudine, almeno in via astratta, a pregiudicare l’integrità fisica di una collettività di lavoratori, o, comunque, di un numero di persone gravitanti attorno all’ambiente di lavoro sufficiente a realizzare la condizione di una indeterminata estensione del pericolo.

Nel caso di specie, il Tribunale del riesame non ha fatto corretta applicazione di tale principio di diritto, perché ha escluso che il contegno dell’indagato abbia assunto il prescritto carattere di diffusività sulla scorta di elementi di fatto rappresentati e valutati in modo incompleto e, in parte, incongruo.

Difatti, ha posto in rilievo il riscontrato coinvolgimento, nelle opere di ristrutturazione del tetto del fabbricato, di due soli lavoratori ed escluso che altri soggetti potessero restare esposti ai rischi derivanti dalle violazioni in materia di sicurezza e antinfortunistica.

Così facendo, ha trascurato la gravità delle riscontrate carenze, talune delle quali suscettibili di arrecare pregiudizio anche a soggetti estranei all’impresa appaltatrice.

La diffusione del pericolo nei confronti di un numero indeterminato di persone risulta più concreta a cagione dell’insistenza, nella stessa struttura, di un locale aperto al pubblico, una palestra, e dell’ubicazione del fabbricato nel centro storico di Lagonegro, zona interessata da un intenso afflusso di persone.

Per tali ragioni l’ordinanza impugnata viene ritenuta illegittima e viene  annullata con rinvio al Tribunale del riesame di Potenza per nuovo giudizio.

La redazione giuridica

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