Violenza domestica e allontanamento dalla casa familiare (Cass. pen., sez. V, dep. 2 febbraio 2023, n. 4572).

Violenza domestica e nozione di convivenza rilevante ai fini del provvedimento di allontanamento dalla casa familiare.

Con la decisione a commento la sezione penale della Cassazione torna nuovamente a occuparsi della nozione di “convivenza”, ma questa volta non ai fini del capo di imputazione, bensì ai fini dell’allontanamento dalla casa coniugale dell’imputato.

Pertanto, la Suprema Corte, tenendo in considerazione l’evolversi del costume sociale, chiarisce come debba essere inteso il requisito della convivenza previsto dall’art. 384-bis c.p.p. ai fini dell’allontanamento d’urgenza dalla casa familiare.

Il GIP rigettava la richiesta di convalida del provvedimento disposto con urgenza, del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa ai sensi dell’art. 384-bis c.p.p. (Allontanamento d’urgenza dalla casa familiare), disponendo poi la misura cautelare corrispondente per il reato di comportamenti persecutori (cd. Stalking).

L’uomo era accusato di condotte persecutorie a danno della compagna per i continui accessi all’abitazione nel tentativo di riallacciare la relazione, anche attendendola lungo la strada, inviandole numerosi messaggi, con la creazione di uno stato di ansia e paura per la donna che si era dunque rivolta alla Polizia.

Il provvedimento precautelare non veniva convalidato perché difforme dal modello legale che presuppone la convivenza, mentre nella vicenda in oggetto non poteva parlarsi di casa familiare.

Il Pubblico Ministero ha proposto ricorso per Cassazione in relazione a tale aspetto.

Sul tema dell’allontanamento d’urgenza, la giurisprudenza ha già avuto modo di affermare che è necessaria la verifica della sussistenza dei presupposti legittimanti l’allontanamento valutando la legittimità dell’operato delle Forse dell’Ordine, in particolare per quanto attiene al fumus commissi delicti.

Riguardo il requisito della convivenza nella casa familiare, gli Ermellini precisano che la norma non richiede che l’indagato abiti attualmente presso l’immobile dal quale deve essere allontanato.

Sul punto viene affermato il seguente principio di diritto: “allorquando la convivenza, intesa come coabitazione già esistita, non sia più in atto, ma sussistono degli elementi in concreto che depongono per una perdurante frequentazione del soggetto di quel domicilio domestico anche in maniera occasionale o che consistono nel violento ripristino da parte dell’agente della situazione di condivisione del domicilio (nel caso di specie l’indagato era più volte entrato nella casa della persona offesa anche quando la stessa si era recata in Questura per denunciare l’accaduto), appare corretto ravvisare anche l’ulteriore presupposto che legittima l’allontanamento da una casa che l’indagato continua a frequentare, anche contro la volontà della donna con cui ha intrattenuto la relazione”.

Conclusivamente la Suprema Corte annulla l’ordinanza impugnata senza rinvio per essere stata legittimamente applicata la misura cautelare dell’allontanamento dall’abitazione.

Avv. Emanuela Foligno

Leggi anche:

Auto danneggiata all’interno di un parcheggio e videosorveglianza

- Annuncio pubblicitario -

LASCIA UN COMMENTO O RACCONTACI LA TUA STORIA

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui