Prima di analizzare alcune recenti pronunzie della Suprema Corte sull’argomento della violenza sessuale tra coniugi è doveroso un accenno di stampo sociologico – segue dalla prima parte
Il tema della violenza sulle donne, negli ultimi anni sensibilmente affrontato dalla nostra giurisprudenza e dal legislatore ha delineato ai suoi primi esordi, poco prima dell’introduzione della norma sullo stalking, l’idea (più di matrice politica che sociologica) che le violenze carnali coniugali fossero riferibili esclusivamente a contesti sociali culturalmente arretrati e di cultura non “occidentale”.
Invero, lo stupro coniugale è un fenomeno non marginale anche nelle nostre società occidentali, ivi compreso il nostro Paese ove è sufficiente esaminare le pronunzie della terza sezione penale della Cassazione per inorridire sia nei contenuti, che nei “numeri” di sentenze sull’argomento.
Esaminando la giurisprudenza ciò che balza all’occhio sono senz’altro le giustificazioni addotte dagli stupratori “ma lei è mia moglie”, “ma lei è la mia compagna”, ciò tanto per evidenziare, qualora ve ne fosse bisogno, che non vi è contezza sociologica e sociale dell’abuso in questione.
Terminata tale doverosa premessa, ad oggi, gli elementi costitutivi del reato di stupro coniugale si considerano perfezionati quando il dissenso all’intromissione nella sfera di intimità sessuale è espresso in modo esplicito e determinato, ma anche quando il dissenso è solo da presumersi, laddove non sussistano indici chiari e univoci volti a dimostrare l’esistenza di un, sia pur tacito ma in ogni caso inequivoco, consenso.
Una recente e significativa pronunzia della Cassazione Penale, sezione III, n. 48335 del 22 ottobre 2017 ribadisce che non è consentito a uno dei due coniugi obbligare l’altro all’atto sessuale anche se chi si sottrae all’atto sessuale viola uno dei doveri coniugali ed anche quando viene espresso il dissenso durante il rapporto.
Gli Ermellini chiariscono le modalità con cui si può attuare tale violenza, oltre alla violenza e alla coercizione, configura il reato anche l’approfittarsi del coniuge mentre dorme o palesare minacce o intimidazioni.
A rientrare nel concetto di violenza sessuale non è solo la consumazione integrale del rapporto carnale, ma anche i toccamenti, i baci sulla bocca o sul collo e la mano nelle zone erogene.
Nel concetto di dissenso al rapporto sessuale, oltre a quello esplicito rileva anche quello espresso in forma tacita, tramite comportamenti. Il dissenso si può anche idoneamente desumere dal contesto, dalla rottura del legame tra i coniugi, dal clima di lite e tensione tra la coppia, dall’allontanamento emotivo tra gli stessi, ecc.,
Altra pronunzia meritevole di analisi è la Cass. Pen., Sezione III, N. 39865 del 5 ottobre 2015 che tratta il rifiuto implicito.
Ribadiscono gli Ermellini che per la sussistenza della violenza sessuale è sufficientemente idonea qualsiasi forma di costringimento fisico e psichico che incida sulla libertà di autodeterminazione dell’altro.
La sessualità costituisce uno degli essenziali modi di espressione della persona umana da intendersi quale diritto inviolabile.
Avv. Emanuela Foligno
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