Vomito incoercibile e condanna penale della Pediatra

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Vomito incoercibile e condanna penale della Pediatra

Vomito incoercibile e condanna penale della Pediatra (Cassazione penale, sez. IV, dep. 17/10/2022, n.39018).

Vomito incoercibile e condanna della Pediatra a due anni e quattro mesi di reclusione.

La Corte di Appello di Messina, pronunciando nei confronti della Pediatra, con sentenza del 21/4/2021 confermava la sentenza con cui in data 11/9/2020 il Tribunale di Patti in composizione monocratica l’aveva condannata, riconosciutele le circostanze attenuanti generiche, alla pena di anni due e mesi quattro di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali oltre al risarcimento dei danni da liquidarsi in separata sede in favore delle costituite parti civili, nonché al pagamento di una provvisionale di 50.000,00 Euro in favore  ciascuna delle suddette parti civili in quanto ritenuta responsabile del reato p. e p. dall’art. 589 c.p. per avere, nella sua qualità di medico pediatra di turno e Responsabile al momento del reparto di pediatria, agendo con negligenza e imperizia nonché per non avere osservato i protocolli medici in materia, cagionato la morte della bambina, in particolare, per avere, nonostante fosse informata dagli stessi genitori della bambina (di due anni e mezzo), del rifiuto della stessa di alimentarsi, della sussistenza nella piccola del sintomo del vomito incoercibile, divenuto caffeano, della sua grave disidratazione, omesso di prestare le adeguate cure alla bambina non accertando che la reidrata-zione fosse completata, non avendo richiesto l’ausilio di uno specialista medico o chirurgo, quando la bambina ebbe a perdere l’accesso venoso che garantiva la reintegrazione, e soprattutto non richiedeva o disponeva accertamenti strumentali, quali radiografia all’addome senza mezzo di contrasto, e non disponeva un monitoraggio specifico e costante sullo stato di salute della stessa, che pure presentava una sintomatologia specifica, quale vomito scuro, biliare o fecaloide, indicativo univocamente della possibilità di occlusione intestinale, e quindi di affidare le cure della bambina ad un chirurgo per la rimozione immediata del volvolo, che le avrebbe con probabilità quasi prossima alla certezza evitato il decesso.

La decisione viene impugnata in Cassazione.

Per i ricorrenti le due sentenze di merito si basano essenzialmente sulle sole conclusioni del Consulente del P.M. ed in minima parte sulle dichiarazioni dei genitori della piccola paziente -in particolare, della madre-, pretermettendo l’esame di altre fonti probatorie dichiarative e documentali, ma soprattutto travisando fondamentali annotazioni riportate nella cartella clinica.

Si lamenta, che la lettura dei fatti operata dal Consulente del P.M. e di conseguenza dai Giudici di merito, si fonderebbe esclusivamente su considerazioni ex post, basate sul fatto che in sede autoptica è stata rilevata la “necrosi da volvolo dell’ileo”: partendo da questo dato (il volvolo), che peraltro prima dell’autopsia non era noto a nessuno, trattandosi di malformazione congenita, il Consulente ha percorso, a suo modo, a ritroso gli eventi e sarebbe giunto, attraverso deduzioni ed errate letture della cartella clinica, alle conclusioni, poi, accolte dai Giudici di merito.

Sempre secondo la tesi dei ricorrenti, il Consulente del P.M., avrebbe travisato l’annotazione riportata nella cartella clinica, relativa agli episodi di “conati di vomito caffeano”, ritenendo verificatisi ripetuti episodi di vomito incoercibile di carattere fecaloide e/o biliare, che sarebbero avvenuti nel Reparto di Pediatria.

La Corte territoriale, poi, oltre a recepire l’erroneo iter logico argomentativo del Consulente del P.M., non si sarebbe attenuta ai principi in tema di valutazione della prova, errando in più punti della sentenza. E tali errori interpretativi, rilevano sia in tema di erronea applicazione della legge penale, che di illogica motivazione, fino ad arrivare al travisamento del fatto e della prova nella lettura di fondamentali dati della cartella clinica.

In sostanza, alla Pediatra è stato contestato: 1. di “non avere osservato i protocolli medici in materia”, che non vengono mai indicati nelle due sentenze di merito; 2. di vare omesso di “prestare le adeguale cure, non accertando che la reidratazione fosse completa”, pur in presenza di dati clinici e prove dichiarative che depongono per la efficacia della terapia infusionale volta alla reidratazione della bambina, peraltro con durata fino alla mattina successiva ed interrotta durante la notte, senza il consenso della stessa Dottoressa e senza che nessuno la avvisasse dell’avvenuta sospensione; 3. di non avere richiesto “l’ausilio di uno specialista medico o chirurgo, quando la bambina ebbe a perdere l’accesso venoso che garantiva la reintegrazione”, pur di fronte all’evidenza oggettiva che l’imputata non era presente in Ospedale in quel momento, visto che tale episodio si verificava di notte e per espressa dichiarazione dell’infermiera di turno, che accertava il fatto, quest’ultima decideva -di sua iniziativa- di non avvisare telefonicamente la Pediatra imputata, né il medico di guardia presente in Ospedale; 4. di non avere richiesto o disposto “accertamenti strumentali, quali radiografia all’addome senza mezzo di contrasto… e di affidare le cure della bambina ad un chirurgo per la rimozione immediata del volvolo”, pur in assenza di sintomi (prima tra tutti, il dolore) che deponessero per un quadro di occlusione intestinale; 5. di non avere effettuato correttamente la palpazione dell’addome della bambina, senza considerare la Corte territoriale che la stessa manovra era stata effettuata, con i medesimi risultati, poco prima dalla Responsabile del Pronto Soccorso”.

Le doglianze sono infondate.

Le censure si sostanziano nella riproposizione delle medesime doglianze già sollevate in appello. Inoltre, i motivi appaiono formulati in modo non specifico e diretti ad ottenere una rivalutazione degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione preclusa in sede di legittimità.

Invece, sottolinea la Suprema Corte, le argomentazioni della Corte territoriale risultano appropriate, puntuali, prive di discrasie logiche e idonee a rendere intelligibile l’iter logico-giuridico seguito dal Giudice.

I Giudici di merito hanno preso in esame le deduzioni difensive e hanno concluso attraverso un itinerario logico-giuridico in nessun modo censurabile, sotto il profilo della razionalità, e sulla base di apprezzamenti di fatto non qualificabili in termini di contraddittorietà o di manifesta illogicità e perciò insindacabili in sede di legittimità.

Corretto, pertanto, l’addebito alla Pediatra del reato di cui all’art. 589 c.p. per avere cagionato la morte della bambina.

La Pediatra veniva informata dai genitori della bambina, del rifiuto della stessa di alimentarsi, della sussistenza nella piccola del sintomo del vomito incoercibile, divenuto caffeano, della sua grave disidratazione. Ciononostante, avrebbe omesso di prestare le adeguate cure alla bambina, in quanto non avrebbe accertato che la reidratazione fosse completata, non avendo richiesto l’ausilio di uno specialista, quando la bimba si era tolta la flebo che garantiva la reintegrazione. E, cosa ancora più grave, non avrebbe richiesto l’esecuzione di una radiografia all’addome senza mezzo di contrasto, atteso che la sintomatologia specifica che presentava, caratterizzata, come detto, da vomito scuro, biliare o fecaloide, era indicativa univocamente della possibilità di una occlusione intestinale. Tale patologia sarebbe stata evidenziata da tale esame e, in seguito al suo accertamento, la bambina avrebbe potuto essere sottoposta a intervento chirurgico per la rimozione immediata del volvolo, che avrebbe rappresentato un intervento salvavita.

Gli Ermellini ribadiscono che in presenza di una c.d. “doppia conforme”, ovvero di una doppia pronuncia di eguale segno (nel caso di specie, riguardante l’affermazione di responsabilità), il vizio di travisamento della prova può essere rilevato in sede di legittimità solo nel caso in cui il ricorrente rappresenti (con specifica deduzione) che l’argomento probatorio asseritamente travisato è stato per la prima volta introdotto come oggetto di valutazione nella motivazione del provvedimento di secondo grado.

Infine, la ricorrente contesta le cause del decesso, ma non introduce alcun elemento scientifico per confutare le conclusioni dei consulenti secondo cui le malformazioni congenite da cui la piccola era affetta, non avrebbero avuto alcun rilievo nel determinarne il decesso.

Il ricorso viene rigettato.

Avv. Emanuela Foligno

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