Abbandono del tetto coniugale, nessun addebito se convivenza intollerabile

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abbandono del tetto coniugale

Respinta la richiesta di addebito della separazione formulata da un uomo sulla base dell’abbandono del tetto coniugale da parte della ex moglie

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 12241/2020 si è pronunciata sulla controversia tra due ex coniugi in tema di addebito della separazione. Il Tribunale, in primo grado, aveva respinto la domanda di addebito formulata dall’uomo sulla base dell’abbandono del tetto coniugale da parte della moglie, dichiarando la separazione personale della coppia e determinando l’assegno di mantenimento dovuto dal marito in 1500 euro mensili

La Corte d’appello nel rigettare la richiesta di addebito dell’uomo aveva rilevato che tra i coniugi era da subito emerso, nella breve esperienza matrimoniale, una mancata costruzione, da parte di entrambi, di un “rapporto fatto di affezione, progettualità di coppia e condivisione”, cosicché la causa del fallimento della convivenza non era imputabile ala sola donna.

La vicenda è quindi approdata in Cassazione. In tale sede, l’ex marito, con ricorso incidentale, aveva lamentato la violazione da parte del Giudice di secondo grado, delle norme che disciplinano l’addebito della separazione, non avendo la Corte territoriale correttamente valutato il comportamento della moglie, contrario ai doveri nascenti dal matrimonio, essendosi allontanata ingiustificatamente dalla casa coniugale.

Gli Ermellini, tuttavia, hanno ritenuto la censura inammissibile.

La pronuncia della Corte di appello era infatti fondata sul rilievo che l’abbandono della casa familiare da parte della moglie fosse intervenuto in un momento in cui l’intollerabilità della prosecuzione della convivenza si era già verificata ed in conseguenza del comportamento di entrambi i coniugi, rivelatisi inidonei a costruire persino un progetto di vita matrimoniale.

Pertanto, la statuizione del Collegio distrettuale risultava conforme al principio di diritto, più volte ribadito in sede di legittimità, in base al quale “l’abbandono della casa familiare, di per sé costituisce violazione di un obbligo matrimoniale, non essendo decisiva la prova della asserita esistenza di una relazione extraconiugale in costanza di matrimonio”; di conseguenza “il volontario abbandono del domicilio coniugale è causa di per sé sufficiente di addebito della separazione, in quanto porta all’impossibilità della convivenza, salvo che si provi – e l’onere incombe a chi ha posto in essere l’abbandono – che esso è stato determinato dal comportamento dell’altro coniuge, ovvero quando il suddetto abbandono sia intervenuto nel momento in cui l’intollerabilità della prosecuzione della convivenza si sia già verificata, ed in conseguenza di tale fatto”.

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