Presentato dalla Federazione italiana delle associazioni di volontariato in oncologia (Favo) il IX Rapporto sulla condizione assistenziale dei pazienti oncologici

E’ di oltre due anni e due mesi – 806 giorni per la precisione – l’attesa media dei pazienti oncologici italiani per accedere a un farmaco anticancro innovativo. Ma i tempi, che intercorrono fra il deposito del dossier di autorizzazione e valutazione presso l’Agenzia europea dei medicinali (Ema) e l’effettiva disponibilità di una nuova terapia – possono dilatarsi fino a circa 3 anni (1.074 giorni), se si considera l’ultima Regione in cui il farmaco viene messo a disposizione.
E’ quanto emerge dal IX Rapporto sulla condizione assistenziale dei pazienti oncologici, presentato oggi al Senato nel corso della XII Giornata del malato oncologico, organizzata dalla Federazione italiana delle associazioni di volontariato in oncologia (Favo).
“La spesa per i farmaci oncologici è passata da poco più di un miliardo di euro nel 2007 a oltre 3 miliardi nel 2014 – ha spiegato il Presidente Favo, Francesco De Lorenzo – Nel suo complesso l’oncologia rappresenta una delle voci più rilevanti per il Servizio sanitario nazionale. Ma la realtà mal si concilia con le attuali politiche sanitarie di definanziamento del Ssn. Pur crescendo in valori assoluti, le risorse a disposizione risultano sempre più insufficienti per dare risposte alla domanda di assistenza”.
Le valutazioni in Ema richiedono mediamente 383 giorni per l’esame delle caratteristiche farmacologiche, cliniche e di sicurezza. A questi si aggiungono i tempi nazionali e regionali. Il successivo processo di rimborsabilità da parte dell’Agenzia italiana del farmaco (Aifa) dura in media 260 giorni. Inoltre, vanno aggiunti ancora dai 31 ai 293 giorni, necessari alle Regioni per rendere queste terapie disponibili e gratuite presso ospedali e Asl.
“Il rischio – ha affermato De Lorenzo – è che il processo, particolarmente lento, possa tradursi in una forma di razionamento che penalizza i malati, soprattutto nel caso di farmaci innovativi salvavita. Dunque è fondamentale individuare al più presto un metodo condiviso e integrato per la valutazione dell’innovazione, che tenga conto non solo dell’efficacia clinica del farmaco ma anche del suo costo-efficacia in termini di qualità della vita”.
Lo studio evidenzia inoltre come ai lunghi tempi di attesa spesso si accompagni la crisi economica individuale conseguente al cancro e alle sue cure, una condizione che riguarda il 22,5% dei pazienti italiani, che presentano anche un rischio di morte del 20% più alto rispetto ai malati di cancro senza problemi economici.

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