Il lavoratore affetto da ernia discale L5-S1 già riconosciuta dall’Inps nella misura del 10% di postumi permanenti chiede la revisione della rendita per aggravamento (Tribunale di Sassari, sentenza n. 78/2021 del 5 febbraio 2021)

Il lavoratore promuove ricorso nei confronti dell’Inail deducendo di essere affetto da malattia professionale (ernia discale L5-S1) per esiti di cervicobrachialgia bilaterale e lombosciatalgia cronica in relazione ai quali l’Istituto riconosceva postumi in termini di danno biologico nella misura del 10%.

In seguito all’aggravarsi delle condizioni di salute, il lavoratore chiedeva in via amministrativa la revisione della rendita, allegando documentazione nella quale risultava un’invalidità nella misura del 20%.

In sede di revisione, con provvedimento in data 9.4.2015, l’Inps confermava la misura complessiva della rendita del 10%.

In data 20.2.2017 il lavoratore proponeva opposizione, ma l’Istituto non emetteva alcun provvedimento.

Si costituisce in giudizio l’Inps deducendo che gli accertamenti Medico-legali svolti nel procedimento amministrativo escludevano il diritto invocato dal lavoratore.

Deduce, inoltre, che la richiesta attuale, mirata a ottenere il riconoscimento di una percentuale del 20% per la patologia riconosciuta di origine professionale “ernia del disco l5/s1”, non è congrua poiché tale percentuale è espressa su un quadro complessivo, comprendente patologie che investono altri settori del rachide non interessati dalla malattia professionale riconosciuta.

La causa viene istruita con CTU Medico-legale, al cui esito il Tribunale ritiene fondata la domanda del lavoratore.

Il CTU ha ritenuto: “si concorda con i sanitari dell’Inps per quanto concerne l’aspetto che nel lavoratore in oggetto, alla luce dell’attività lavorativa precedentemente svolta, per le patologie a carico del rachide cervicale e dorsale alto non può notoriamente essere riconosciuta una genesi lavorativa “.

Ha tuttavia precisato che “non si può invece concordare col fatto che la patologia presente a carico del rachide cervicale, di natura extralavorativa, pur rappresentando una patologia strettamente concorrente con quella lombare, non sia mai stata presa in considerazione ai fini valutativi. Infatti è indiscutibile che già all’epoca della presentazione della domanda per il riconoscimento della malattia professionale (2009) il periziando fosse affetto da “cervicobrachialgia bilaterale secondaria a ernie discali multiple cervicali e dorsali alte”, e già precedentemente (2006) sottoposto a intervento neurochirurgico di “discectomia cervicale C5 -C6 e C6 -C7 e fusione intersomatica. Ritengo corretto pertanto che tale patologia, da considerarsi come menomazione concorrente extralavorativa, doveva e debba essere tenuta nella dovuta considerazione per una maggiorazione della valutazione precedente, con l’impiego della formula di Gabrielli”…”In considerazione della presenza di patologia concorrente da considerarsi provocata da evento extralavorativo inquadrabile come “cervicobrachialgia secondaria a ernie discali multiple cervicale” (valutabile in analogia col cod. 192 patologia vertebrale con deficit funzionale complessivo di media o grave entità, con disturbi trofico sensitivi e disturbi motori  nella misura del 25%) e di malattia professionale, per patologia rappresentata da “lombosciatalgia bilaterale da ernia discale L5 -S1″ responsabile di un danno biologico quantificato nella misura del 10% con l’applicazione dei criteri riduzionistici del caso (formula di Gabrieli), si può concludere riconoscendo un danno biologico complessivo nella misura del 13% totale”.

Il Tribunale condivide le conclusioni del CTU e accoglie la domanda del lavoratore nella misura accertata dal Consulente.

In Conclusione, il Tribunale  accoglie il ricorso e condanna l’Ente resistente a costituire in favore del ricorrente, in relazione alla malattia professionale accertata, un indennizzo per il danno biologico nella misura del 13%.

Condanna, inoltre, l’Istituto al pagamento delle spese di giudizio e di CTU.

Avv. Emanuela Foligno

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