La responsabilità per i danni causati da cani randagi spetta al Comune che ha il compito di prevenire i pericoli connessi al randagismo attraverso la cattura e la custodia.

La responsabilità per i danni causati da cani randagi spetta al Comune che ha il compito di prevenire i pericoli connessi al randagismo attraverso la cattura e la custodia, e il danneggiato è soggetto agli oneri probatori di cui all’art. 2043 c.c.

Un uomo conviene in giudizio il Comune di Melfi onde sentirlo condannare al risarcimento dei danni patiti in seguito all’aggressione di un branco di cani randagi e quantificati in euro 175.784,55.

La vicenda viene trattata dal Tribunale di Potenza (sentenza n. 18 del 28 settembre 2020).

In particolare, l’attore esponeva che dopo avere parcheggiato la propria auto per recarsi sul luogo di lavoro veniva aggredito da un branco di cani riportando gravi lesioni da morsicatura e frattura al ginocchio destro.

Si costituisce in giudizio il Comune di Melfi contestando la propria responsabilità.

Il Tribunale preliminarmente dà atto che il controllo degli animali vaganti sul territorio è di pertinenza della pubblica amministrazione e che il paradigma normativo applicabile non è costituito dall’art. 2052 c.c., nè dall’art. 2051 c.c., bensì dall’art. 2043 c.c. quale generico dovere di neminem laedere.

Ciò detto, viene ripreso l’indirizzo di legittimità secondo cui la responsabilità per i danni causati dai cani randagi spetta esclusivamente all’ente, o agli enti, cui è attribuito dalla legge il compito di prevenire il pericolo specifico per l’incolumità della popolazione connesso al randagismo e cioè il compito della cattura e della custodia dei cani vaganti o randagi.

Proprio l’attribuzione per legge all’ente pubblico del compito della cattura e della custodia degli animali vaganti o randagi, costituisce il fondamento della responsabilità per i danni eventualmente arrecati alla popolazione dagli animali suddetti.

Ebbene, la legge quadro n. 281 del 1991, regolante la materia, non indica direttamente a quale Ente spetta il compito di cattura e custodia dei cani randagi, ma rimette alle Regioni la regolamentazione concreta della materia.

Per quanto concerne la Regione Basilicata vi è specifica legge regionale (6/1993) che attribuisce ai Comuni l’onere di catturare e custodire i cani vaganti o randagi.

Ma oltre a ciò, come delineato dalla giurisprudenza di legittimità, è necessario anche che chi si assume danneggiato, in base alle regole generali, alleghi e dimostri il contenuto della condotta obbligatoria esigibile dall’ente e la riconducibilità dell’evento dannoso al mancato adempimento di tale condotta obbligatoria, in base ai principi sulla causalità omissiva.

Difatti, l’applicazione dell’art. 2043 c.c., impone che la responsabilità dell’ente si affermi solo previa individuazione del concreto comportamento colposo ad esso ascrivibile ed eziologicamente idoneo alla produzione dell’evento lesivo.

Ed è in tal senso che deve essere verificato il tipo di comportamento esigibile, volta per volta e in concreto, dall’ente preposto.

In altri termini, occorre verificare la responsabilità del Comune sulla base dello scarto tra la condotta concreta e la condotta esigibile, quest’ultima individuata secondo i criteri della prevedibilità e della evitabilità e della mancata adozione di tutte le precauzioni idonee a mantenere entro l’alea normale il rischio connaturato al fenomeno del randagismo.

Quindi, ai fini dell’affermazione di responsabilità dell’ente è necessario verificare, tenuto conto di tutte le circostanze del caso concreto, come allegate e provate dall’uomo aggredito, che l’evento dannoso fosse evitabile in quel determinato momento e in quella particolare situazione con uno sforzo ragionevole.

E’ onere di colui che agisce dimostrare, o almeno allegare, la ricorrenza di una colpa non solo specifica, ma anche generica, in quanto postulante l’indagine circa le modalità concrete della condotta attraverso i criteri di prevedibilità ed evitabilità.

Sul punto, è stato efficacemente rimarcato che, se bastasse, per invocarne la responsabilità, la mera individuazione dell’ente preposto alla cattura dei randagi e alla custodia degli stessi, la fattispecie cesserebbe di essere regolata dall’art. 2043 c.c. e finirebbe per essere del tutto disancorata dalla colpa, rendendo la responsabilità dell’ente una responsabilità sottoposta a principi analoghi, se non addirittura più rigorosi di quelli previsti per le ipotesi di responsabilità oggettiva da custodia di cui agli artt. 2051,2052 e 2053 c.c.

Nel caso in esame l’uomo aggredito dal branco non ha fornito nessun elemento identificativo della colpa dell’ente e nessun elemento identificativo della prevedibilità ed evitabilità dell’evento.

Siffatto tema avrebbe potuto essere sviluppato, invero, dando prova, ad esempio, delle pur richiamate precedenti segnalazioni della presenza abituale di animali randagi nel luogo dell’incidente, ovvero dell’inottemperanza a precedenti richieste d’intervento dei servizi di cattura e di ricovero.

Ne deriva la mancanza di prova circa la colpa dell’ente, non potendo, dunque, configurarsi la fattispecie di cui all’art. 2043 c.c.

Non potendosi ravvisare – ribadisce il Tribunale – alcun dovere di custodia sugli animali vaganti, è da escludere un addebito a titolo di responsabilità ex art. 2051 c.c.

Per tali ragioni la pretesa dell’uomo viene rigettata.

Avv. Emanuela Foligno

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