Il presidente della FNOMCeO torna sulla sentenza della Consulta che ritiene non punibile, in certe condizioni, l’aiuto al fine vita. “Non chiedeteci di abiurare alle nostre convinzioni”

La decisione presa ieri sera dalla Corte Costituzionale, sulla non punibilità, a determinate condizioni, di chi agevola l’esecuzione del proposito di suicidio, “va, come è ovvio, applicata senza se e senza ma”. Così il presidente della FNOMCeO, Filippo Anelli, all’indomani della pronuncia della Consulta sull’aiuto al fine vita.

“Come medici, e prima ancora come cittadini – afferma Anelli – ci atterremo alla sentenza, così come ci atterremo alla Legge, che auspichiamo arrivi celermente a fare chiarezza, e ai principi del Codice di Deontologia medica, che sono in ogni caso coerenti con quelli costituzionali”.

Il Codice di Deontologia, ricordava Anelli poco prima della pronuncia, evidenzia come “dovere del medico è la tutela della vita, della salute fisica e psichica dell’Uomo e il sollievo dalla sofferenza nel rispetto della libertà e della dignità della persona umana”. 

Una affermazione che, spiegava il vertice della FNPMCeO, porta con sé almeno due corollari: “il primo è che, da sempre, i medici vedono nella morte un nemico e nella malattia un’anomalia da sanare: mai si è pensato che la morte potesse diventare un alleato, che potesse risolvere le sofferenze della persona”, mentre “il secondo, non meno importante è che il medico è, sempre e comunque, prossimo al paziente e alla sua famiglia, ancor più nelle situazioni ‘di frontiera’, come il nascere, il morire, e tanto più profondamente nella sofferenza, e nella cura di ciò che non si può guarire”.

“Quello che chiediamo – aggiunge Anelli dopo la sentenza – è di poter continuare a fare i medici, così come abbiamo sempre fatto. Medici che hanno il dovere di tutelare la vita, la salute fisica e psichica, di alleviare la sofferenza, nel rispetto della libertà e della dignità della persona umana”.

Per questo, la FNOMCeO auspica che il Legislatore, chiamato a normare questa delicatissima materia, affidi l’estremo atto, ovvero quello della consegna del farmaco, a un ‘pubblico ufficiale’, a un funzionario individuato per questo ruolo. “Sicuramente – afferma il presidente – noi medici non ci esimeremo da quello che è il nostro, di compito, la vicinanza e il sostegno a chi soffre e alla sua famiglia, sino al confine estremo”.

“Non ci sottrarremo mai al dovere di stare vicini a chi soffre; ma non chiedeteci di abiurare alle nostre convinzioni e ai principi millenari del nostro Codice e del nostro Giuramento”.

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