Accolto il ricorso di un automobilista, sanzionato con la sospensione della patente per due anni per essersi rifiutato di sottoporsi all’alcoltest

Con la sentenza n. 24023/2020 la Suprema Corte si è pronunciata sul ricorso di un automobilista condannato alla sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida per due anni per essersi rifiutato di sottoporsi ad alcoltest.

L’uomo si rivolgeva alla Cassazione dolendosi dell’omessa motivazione sulla durata della sospensione della patente di guida, essendosi il giudice limitato a ritenere ‘equo’ il periodo di sospensione della patente di guida per anni due, facendo riferimento agli elementi costitutivi del reato ed in particolare alla modalità di realizzazione della condotta, senza chiarire le ragioni dell’applicazione della misura massima prevista dalla legge. A suo avviso, la giurisprudenza di legittimità esclude l’applicabilità del raddoppio della sanzione nell’ipotesi in cui il veicolo appartenga a terzi, circostanza, dunque, erroneamente richiamata dal giudice, a sostegno della decisione.

Gli Ermellini hanno ritenuto di aderire al motivo di doglianza accogliendo il ricorso in quanto fondato.

La disposizione di cui all’art. 186, comma 7 del codice della strada – chiariscono dal Palazzaccio – stabilisce che alla condanna per rifiuto di sottoporsi ad alcoltest consegua la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida per un periodo da sei mesi a due anni.

Secondo l’elaborazione della giurisprudenza di legittimità “il giudice che applichi con la sentenza di patteggiamento la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida deve fornire una motivazione sul punto solo allorché la misura si allontani dal minimo edittale e non già quando sia pari a questo o se ne discosti di poco o sia molto più vicina al minimo che al massimo edittale, casi questi ultimi in cui è sufficiente la motivazione implicita”.

Anche in materia di sanzioni amministrative accessorie, invero, deve farsi riferimento al principio secondo cui la motivazione circa la sussistenza dei parametri di valutazione al fine della commisurazione concreta della sanzione da infliggere assume rilevanza quanto più ci si discosti dal minimo.

Non vi è dubbio, infatti, che nessuna motivazione sia necessaria per giustificare l’applicazione del minimo, essendo un’ovvietà logica che (in assenza di una misura inferiore) il criterio discrezionale sia espressione della scarsa importanza della violazione commessa, della ridotta entità del danno e del ridotto pericolo che l’ulteriore circolazione potrebbe cagionare (parametri indicati dal secondo comma dell’art. 218 C.d.S.). Ma anche nell’ipotesi di sanzione concreta determinata entro il medio edittale, il richiamo ai criteri previsti dall’art. 218, comma 2 C.d.S., ancorché reso esplicito con le espressioni meramente relative alla congruità della sanzione costituisce giustificazione sufficiente dell’uso della discrezionalità del giudice, perché si colloca in una fascia valutativa- fra il minimo ed il medio edittale appunto- all’interno della quale il legislatore stesso prevede la sanzione come corrispondente alla gravità media della violazione e del pericolo futuro.

Diversamente, quando ci si discosta da quella medietà, e tanto più ci si discosta, è necessario spiegare per quale motivo i parametri che si giudicano meritino, in concreto, l’applicazione di una sanzione superiore, perché il superamento di quella soglia implica una valutazione della gravità che supera la ‘media’ ed il giudice deve spiegarne le ragioni, non potendo altrimenti giustificarsi l’utilizzo della discrezionalità, che in assenza di ogni argomentazione al riguardo perde la sua qualità positiva di adattamento della sanzione al caso concreto e, conseguentemente, la sua legittimità anche costituzionale.

Nel caso in esame il giudice aveva omesso la motivazione sulle ragioni della determinazione della sanzione amministrativa nel massimo della durata, nonostante avesse ritenuto congrua la pena minima prevista per il rifiuto del ricorrente di sottoporsi ad alcoltest e giustificata l’applicazione della sospensione condizionale.

La redazione giuridica

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