Allagamento della strada comunale, viene in primo grado ascritto alla responsabilità del Comune e, successivamente, in secondo grado viene riformata la decisione (Cassazione Civile, sez. III, dep. 14/03/2022, n.8105).
Allagamento della strada comunale e risarcimento del danno ai sensi dell’art. 2051 c.c. è quanto vantato dall’attrice nei confronti del Comune di Benevento.
La donna, ricorre per la cassazione della sentenza della Corte di Appello di Napoli, che – accogliendo il gravame esperito dal Comune di Benevento, nei confronti della decisione resa dal Tribunale di Benevento, ha rigettato la domanda proposta nei confronti del predetto Comune, per il risarcimento del danno ex art. 2051 c.c. derivante da allagamento della strada comunale.
La donna deduceva che a seguito di allegamento della strada comunale ove è posto il proprio esercizio commerciale, subiva danni alle merci ed agli arredi del negozio. Gli stessi venivano analiticamente riportati in un “elenco e stima dei danni subiti”, nonché raffigurati attraverso svariate fotografie.
Il Comune di Benevento resisteva alla domanda, sul presupposto che l’allagamento della strada comunale fosse dipeso da un evento meteorologico eccezionale, e la CTU svolta in primo grado accertava l’inadeguatezza dell’impianto fognario, anche in caso di precipitazioni normali. Di talchè il Tribunale accoglieva la domanda risarcitoria, liquidando in favore dell’attrice l’importo di euro 9.060,00.
Esperito gravame dal Comune, il Giudice di Appello lo accoglieva, in relazione al motivo concernente la prova e la quantificazione del danno, ritenendo che nessuna delle risultanze istruttorie provasse esaurientemente né la sussistenza, né la precisa entità dei danni.
La danneggiata ricorre in Cassazione lamentando la mancata contestazione della quantificazione dei danni e la inadeguata valutazione della prova documentale inerente i danni medesimi, tutti derivanti dall’ allagamento della strada comunale.
Le censure sono inammissibili.
La ricorrente non ha riferito l’ipotizzata “non contestazione” avversaria alle proprie allegazioni, avendo denunciato, invece, la “mancata contestazione delle risultanze probatorie”, facendo specifico riferimento alla prova documentale non contestata dei danni subiti.
Tuttavia, l’onere di contestazione riguarda le allegazioni delle parti e non i documenti prodotti, né la loro valenza probatoria la cui valutazione, in relazione ai fatti contestati, è riservata al giudice. Quindi il principio di non contestazione di cui all’art. 115 c.p.c., ha per oggetto fatti storici sottesi a domande ed eccezioni e non può riguardare le conclusioni ricostruttive desumibili dalla valutazione di documenti.
Infine, la censura proposta non coglie la ratio decidendi della sentenza impugnata, giacché la Corte territoriale non ha omesso di pronunciare sull’eccezione di non contestazione, avendo, invece, escluso espressamente la possibilità di ritenere l’entità dei danni non contestati dal Comune.
La sentenza, inoltre, richiama il principio secondo cui l’onere di contestazione in ordine ai fatti costitutivi del diritto si coordina con l’allegazione dei medesimi e, considerato che l’identificazione del tema decisionale dipende in pari misura dall’allegazione e dall’estensione delle relative contestazioni o non contestazioni, ne consegue che l’onere di contribuire alla fissazione del thema decidendum, opera identicamente rispetto all’una o all’altra delle parti in causa, sicché, a fronte di una generica deduzione da parte del ricorrente, la difesa della parte resistente non può che essere altrettanto generica, e pertanto idonea a far permanere gli oneri probatori gravanti sulla controparte.
Ed ancora, l’esercizio del potere discrezionale di liquidare il danno in via equitativa, dà luogo non già ad un giudizio di equità, ma ad un giudizio di diritto caratterizzato dalla cosiddetta equità giudiziale correttiva od integrativa; esso, pertanto, da un lato è subordinato alla condizione che per la parte interessata risulti obiettivamente impossibile, o particolarmente difficile, provare il danno nel suo ammontare, e dall’altro non ricomprende l’accertamento del pregiudizio della cui liquidazione si tratta, presupponendo già assolto l’onere della parte di dimostrare la sussistenza e l’entità materiale del danno.
Ebbene, in ipotesi di valutazione equitativa dei danni provocati dall’allagamento della strada comunale, oggetto della seconda censura della danneggiata, la Suprema Corte osserva che se “l’equità integrativa ha lo scopo di contemperare i contrapposti interessi, è evidente che essa fallirebbe del tutto il suo scopo, se vi si potesse ricorrere anche quando la stima del danno sia non impossibile, ma soltanto difficile; ovvero quando la stima del danno non siasi potuta compiere per la pigrizia od il mal talento delle parti o dei loro procuratori”.
Il ricorso viene integralmente rigettato.
La redazione giuridica
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