L’amministrazione scolastica non può rimodulare le ore di sostegno dell’alunno con handicap grave per la carenza di insegnanti

L’Amministrazione scolastica non ha potere discrezionale capace di rimodulare o di sacrificare, a motivo della scarsità delle risorse disponibili per il servizio, la misura di quel supporto integrativo così come individuato dal piano individuale. In tali termini si è pronunciato il Tribunale di Rieti (Sentenza del 12 febbraio 2020). L’amministrazione scolastica ha il dovere di garantire l’assegnazione, in favore dell’alunno con handicap grave, del personale docente specializzato, anche facendo ricorso se del caso, là dove la specifica situazione di disabilità del bambino richieda interventi di sostegno continuativi e più intensi, all’attivazione di un posto di sostegno in deroga al rapporto.

Al fine di rendere possibile la fruizione effettiva del diritto, costituzionalmente protetto  dell’alunno disabile all’istruzione, all’integrazione  sociale e alla crescita in un ambiente  favorevole e consono al suo sviluppo e alla sua personalità, l’Amministrazione scolastica non può disattendere il Piano educativo Individuale.

Le inefficienze dell’Amministrazione scolastica delle dovute attività di sostegno concretizzano una contrazione del diritto fondamentale del disabile all’attivazione di un intervento corrispondente alle sue specifiche esigenze.

Tale condizione è imprescindibile per realizzare il diritto ad avere pari opportunità nella fruizione del servizio scolastico, viceversa si palesa una discriminazione indiretta vietata.

I genitori del disabile di anni 7 convengono in giudizio il Ministero dell’Istruzione e l’Ufficio Scolastico  Regionale per il Lazio chiedendo, in via cautelare, di emettere i provvedimenti necessari e idonei a far cessare la condotta discriminatoria nei confronti del minore portatore di handicap, con conseguente assegnazione allo stesso dell’insegnante di sostegno per ore 11 settimanali.

Nel merito, parte ricorrente chiedeva al Tribunale, previa conferma del provvedimento  cautelare, il risarcimento del danno non patrimoniale sofferto dall’alunno, quantificato equitativamente in misura pari ad euro 1.000,00 per ogni mese di mancata attribuzione dell’insegnante di sostegno.

Il Tribunale accoglie la domanda di accertamento della natura discriminatoria della condotta dell’Amministrazione scolastica nei confronti dell’alunno con handicap grave.

Al riguardo evidenzia che la necessità di assicurare a ciascun alunno affetto da disabilità i necessari e specifici interventi di sostegno è il precipitato delle disposizioni sovranazionali nazionali che disciplinano la materia, correttamente richiamate da parte ricorrente.

L’art. 24 della Convenzione di New York del 13 dicembre 2006 sui diritti delle persone con disabilità impone di predisporre un sistema educativo che preveda la integrazione scolastica dei disabili a tutti i livelli.

Egualmente  gli  artt. 2  e 3  della Costituzione impongono di superare le diseguaglianze  per garantire a qualunque soggetto i diritti fondamentali della persona.

Oltre a ciò, la legge 1 marzo 2006, n. 67, finalizzata alla piena attuazione del principio di  parità di trattamento e delle pari opportunità nei confronti delle persone con disabilità, definisce all’art.2 quale condotta discriminatoria, vietata e sanzionata dall’ordinamento, ogni atto o comportamento che seppure apparentemente neutri finiscano con il produrre l’effetto di mantenere una persona con disabilità in una posizione di svantaggio rispetto ad altre.

Anche le recenti decisioni della Suprema Corte (n.25011/2014) hanno ribadito che “il diritto all’istruzione è parte  integrante  del  riconoscimento  e  della  garanzia  dei  diritti  dei disabili, per il conseguimento di quella pari dignità sociale che consente il pieno sviluppo e l’inclusione della persona umana con disabilità”, statuendo che “in tema di sostegno all’alunno in situazione di handicap, il “piano educativo individualizzato” obbliga l’amministrazione scolastica a garantire il supporto per il numero di ore programmato, senza lasciare ad essa il potere discrezionale di ridurne l’entità in ragione delle risorse disponibili, e ciò anche nella scuola dell’infanzia, pur non facente parte della scuola dell’obbligo”.

Ne deriva che la condotta dell’amministrazione che non appresti il  sostegno pianificato si risolve nella contrazione del diritto del disabile alla pari opportunità nella fruizione del servizio scolastico.

In tale senso il Tribunale richiama l’intervento della Corte Costituzionale (n. 80/2010) secondo cui “è costituzionalmente illegittimo, per violazione del principio di ragionevolezza, l’art. 2, comma 413, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, nella parte in cui fissa un  limite massimo al numero dei posti degli insegnanti di sostegno.”

Ciò detto, il Tribunale preso atto che l’Istituto scolastico ha erogato al minore 5 ore di sostegno settimanali, dichiara la natura discriminatoria della condotta posta in essere nei confronti dell’alunno minore disabile istante per l’anno scolastico2019-2020.

Conseguentemente, ordina l’attribuzione al minore a partire dal mese di marzo 2020, di  un docente di sostegno per complessive n. 11 ore settimanali per l’anno scolastico  corrente e per i successivi.

Sulla pretesa risarcitoria il Tribunale, premettendo la naturale contrattuale della stessa, rammenta che il risarcimento del danno non patrimoniale è consentito solo in caso di lesione di interessi costituzionalmente protetti, facenti capo alla persona, dalla quale scaturiscano pregiudizi non suscettibili di valutazione economica.

Ebbene, nella specie è concretizzata pacificamente la violazione dei valori costituzionali all’istruzione, all’educazione, a non subire  discriminazioni, suscettibile di provocare un danno di carattere non patrimoniale all’alunno.

Tale danno è individuabile negli effetti che la temporanea diminuzione delle ore di sostegno subita ha provocato sulla personalità del minore, privato del supporto necessario a garantire la piena promozione dei bisogni di cura, di istruzione e di partecipazione a fasi di vita “normale”.

In particolare, tenuto conto delle esigenze formative e di sostegno rilevate dalla stessa amministrazione in ragione del grado di disabilità dell’alunno e della notevole discrepanza tra ore indicate nel PEI e le 5 ore concretamente garantite viene ritenuto che il minore  abbia subito un rilevante pregiudizio nella sua formazione ed istruzione.

Il relativo risarcimento viene quantificato equitativamente nella misura di euro 545,00 mensili per n. 6 mensilità e, quindi, in complessivi euro 3.270,00.

La somma liquidata viene posta a carico del Ministero dell’Istruzione,  in  quanto  organo  gerarchicamente  sovraordinato  agli  uffici scolastici periferici e unico soggetto al quale può essere contabilmente imputata.

Avv. Emanuela Foligno

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