Ammettere l’investimento del pedone per distrazione non equivale a confessione

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I genitori della vittima convenivano in giudizio il conducente dell’automobile e l’Assicurazione ConTe al fine di sentirli condannare, in solido tra loro, al risarcimento dei danni patiti in conseguenza dell’evento occorso in data 07/12/17, allorquando, verso le ore 16.20 il figlio veniva investito dalla Fiat Punto mentre procedeva a piedi sulla strada.

Il conducente del veicolo ammetteva che l’evento avveniva per distrazione, mentre l’assicurazione contestava la domanda per mancanza di prova. Il Tribunale di Crotone, respinta la richiesta di prova orale formulata da parte attorea, rigettava la domanda. La Corte d’appello di Catanzaro, dopo aver nuovamente respinta la richiesta di prove orali, rigettava l’appello e confermava il primo grado.

Il vaglio di improcedibilità della Cassazione

Come correttamente evidenziato dal Tribunale: “parte attrice non ha assolto all’onere di allegazione, atteso che nell’atto di citazione si è limitato ad affermare che il conducente della FIAT, non si avvedeva del bambino e lo investiva”. Nulla viene riferito in merito a come l’investimento sia avvenuto (ossia dove si trovasse il pedone, se fosse fermo o in movimento, se si trovasse o meno lungo il percorso di guida e la traiettoria del convenuto, ecc..”.

Manca, quindi, una ricostruzione del sinistro stradale che non rende possibile la valutazione dell’incidenza della condotta del convenuto nella causazione del sinistro e, dunque, la sua eventuale responsabilità.

Anche i Giudici di Appello condividono il ragionamento del Tribunale che ha affermato: “affinché, dunque, l’illecito allegato possa considerarsi, ancorché in via presuntiva, causalmente idoneo a cagionare l’evento lesivo, è necessaria l’allegazione specifica e puntualmente individuata delle circostanze fattuali idonee a ritenere, secondo lo standard proprio della causalità civilistica, l’evento astrattamente riconducibile alla condotta di guida di parte convenuta“. Secondo la tesi del ricorrente, il Giudice di primo grado, avendo rilevato nel corso del giudizio tale deficienza, doveva invitare la parte attrice ad integrare l’atto di citazione, fissando un termine perentorio; e che, avendo omesso ciò, era incorso nell’error in procedendo denunciato.

L’ammissione dell’investimento non equivale a confessione

In considerazione delle generiche allegazioni di parte attrice, le deduzioni del conducente del veicolo, che si è limitato ad ammettere l’investimento per distrazione, non hanno alcun valore confessorio, in quanto rese dal procuratore costituito nell’atto di costituzione, né probatorio, anche ai sensi dell’art 115 c.p.c.

A tale riguardo viene richiamato il principio secondo cui: “Ammettere l’investimento del pedone per distrazione, in sede di costituzione in giudizio, invero, non equivale a confessione. È pacifico, infatti, che le dichiarazioni contenute nella comparsa di risposta, contenenti affermazioni relative a fatti sfavorevoli al proprio rappresentato e favorevoli all’altra parte, non hanno efficacia di confessione, ma possono soltanto fornire elementi indiziari, qualora l’atto sia sottoscritto dal difensore e non dalla parte personalmente (ex multis, Cass. n. 4908/17).

Al riguardo, la Suprema Corte ha, altresì, precisato che: “le ammissioni contenute negli scritti difensivi, sottoscritti unicamente dal procuratore ad litem, costituiscono elementi indiziari liberamente valutabili dal giudice per la formazione del suo convincimento.

In definitiva, secondo il ricorrente, la Corte territoriale si sarebbe limitata a confermare la motivazione della sentenza emessa in primo grado in modo acritico e senza valutazione alcuna circa l’infondatezza dei motivi del gravame.

Il ricorso è improcedibile

Il ricorso è improcedibile perché, ai sensi dell’art. 369, comma II, n. 2 c.p.c., “insieme al ricorso” deve essere depositata, a pena di improcedibilità, “copia autentica della sentenza o della decisione impugnata” (Cassazione civile, sez. III, 12/06/2024, n.16378).

La copia autentica della decisione impugnata non è stata depositata in Cassazione e la S.C. segnala inoltre che dal fascicolo informatico risulta una nota di iscrizione a ruolo, nella quale sono indicati, come documenti prodotti, il ricorso, la richiesta ex art. 369 c.p.c. e l’ammissione al gratuito patrocinio, ma non il provvedimento impugnato.

Ad ogni modo, il ricorso, se mai fosse procedibile, sarebbe comunque inammissibile, in quanto tutti i motivi, nei quali esso si articola, violano l’art. 366 n. 6 c.p.c.

Parte ricorrente viene condannata alla rifusione delle spese processuali in favore di parte resistente.

Avv. Emanuela Foligno

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