L’azienda Ospedaliera San Camillo Forlanini di Campobasso è chiamata a rispondere della cattiva esecuzione di asportazione nodulo toracico, che non veniva fatto analizzare dall’Anatomo Patologo in estemporanea, e causava asportazione dell’intero lobo polmonare sinistro. Il paziente agisce nei confronti del medico e dell’Ospedale, ritenendo di essere stato sottoposto ad un intervento chirurgico inutile.intervento
I fatti
Il paziente, nel 2003, programmava l’asportazione di un nodulo al torace. Concordava con il Medico un intervento in endoscopia. Quindi veniva ricoverato al San Camillo Forlanini dove, invece della programmata endoscopia, il medico apriva la gabbia toracica. Quindi senza eseguire la programmata endoscopia, riscontrava la presenza del nodulo e lo asportava sulla base di un mero esame visivo senza richiedere l’esame istologico immediato e, per asportare il nodulo, procedette all’asportazione dell’intero lobo del polmone sinistro.
Una volta esaminato il nodulo asportato, esso si rivelò di origine non tumorale, risalente probabilmente a un trauma riportato anni prima.
I giudizi civili
Il paziente agisce nei confronti del medico e dell’Ospedale, ritenendo di essere stato sottoposto ad un intervento chirurgico inutile nella sua complessità, devastante sotto il profilo delle conseguenze estetiche e con rilevanti conseguenze fisiche permanenti. Infatti in quanto la sua capacità polmonare si era considerevolmente ridotta, e di conseguenza la capacità di svolgere normale attività lavorativa, fisica e sociale ne risultava danneggiata.
Il danneggiato allegava quindi di essere stato sottoposto a un intervento chirurgico inutile, riportando una menomazione permanente.
Il Tribunale accoglieva le domande del paziente ritenendo imprudente e negligente l’approccio diagnostico e terapeutico tenuto dal medico, oltre che in violazione del principio del consenso informato. Stimava l’invalidità nella misura del 12% e condannava in solido il medico e l’ospedale al risarcimento dei danni per complessivi 28.752 euro, condannando al contempo l’assicurazione a tenerli indenni.
La Corte di Campobasso rigettava sia il gravame principale del danneggiato, sia quelli incidentali del medico e dell’ospedale, confermando la decisione di primo grado, salvo ridurre al 50% la manleva degli assicuratori (Cassazione civile, sez. III, 27/06/2024, n.17703).
Per la asserita violazione del diritto al consenso informato, i Giudici di secondo grado, ritenevano l’azione indirizzata a ottenere il risarcimento del danno alla salute e quindi per ottenere il risarcimento per equivalente in relazione alla errata esecuzione dell’intervento e affermava che la questione del consenso informato ne restava assorbita.
Il ricorso in Cassazione
Il paziente si duole in Cassazione della bassa percentuale tabellare di menomazione che il CTU ha accertato e critica anche la sentenza laddove ha stimato unitariamente il valore del danno biologico senza effettuare una sommatoria delle percentuali previste dalle singole menomazioni compiendo una stima unitaria del danno, comprensivo del danno estetico e alla vita di relazione, negando anche una personalizzazione in aumento.
Deduce, infine, che aveva prestato il consenso sottoscrivendo un modulo del tutto generico a una operazione endoscopica e che invece è stato sottoposto a un intervento chirurgico inutile e complesso con apertura del torace ed asportazione di un lobo polmonare, con successiva formazione di una lunghissima e vistosa cicatrice. Ribadisce, dunque, che il danno da lesione del diritto all’autodeterminazione doveva essergli risarcito autonomamente.
La Cassazione respinge le censure. I Giudici hanno prima accertato i postumi permanenti, poi applicato la percentuale di invalidità stimata più appropriata in relazione alla situazione effettiva del danneggiato. Il calcolo effettuato dalla Corte d’appello per arrivare alla quantificazione del danno biologico si fonda sulle tabelle del Tribunale di Milano, con una quantificazione più vicina alla soglia minima che a quella massima del range tabellare, ma ciò è frutto di un apprezzamento della situazione di fatto, peraltro ancorato alla valorizzazione delle affermazioni del CTU, che ha escluso una diminuzione funzionale dei polmoni.
Respinta la personalizzazione del danno
I giudici respingono la personalizzazione perché le circostanze indicate dal paziente sono allineate a quelle di altri danneggiati nella medesima situazione post operatoria.
Infine, è corretta la valutazione globale dei postumi psicofisici effettuata per la stima del danno biologico, in conformità ai principi secondo cui “anche in caso di plurime menomazioni, è necessario giungere ad una valutazione globale della loro incidenza sulla residua capacità biologica del soggetto”.
Ad ultimo, venendo al consenso informato, la S.C. evidenzia che non è stata negata la responsabilità professionale del medico, ma il paziente ha proposto un’azione finalizzata esclusivamente al risarcimento del danno alla salute riportato per effetto dell’intervento chirurgico invasivo al quale è stato sottoposto, in cui si inseriva come obbligo accessorio rimasto inadempiuto, e pertanto concorrente a determinare l’inadempimento, l’inadeguata informazione preoperatoria, che non dà diritto ad una autonoma posta risarcitoria, ma che è stata tenuta in conto nel valutare l’inadempimento del medico e le sue conseguenze.
Ergo, quanto deciso dai Giudici di appello è corretto perché il paziente non ha introdotto una azione autonoma finalizzata all’accertamento della lesione del diritto di autodeterminazione.
Avv. Emanuela Foligno