Lo ha chiarito la Corte di Cassazione nell’accogliere il ricorso di un uomo accusato di aver esposto falsi dati reddituali per l’ ammissione al gratuito patrocinio dello Stato

Aveva esposto dati reddituali falsi nell’istanza per l’ ammissione al gratuito patrocinio. L’uomo era stato condannato in sede di merito a un anno di reclusione e al pagamento di una multa di 400 euro ai sensi dell’art. 95 del Dpr 115/2002.

Nel ricorrere per Cassazione l’imputato lamentava, tra l’altro, vizio motivazionale in relazione alla ritenuta ricorrenza dell’elemento soggettivo del reato. Affermava di aver inserito nella richiesta per l’ammissione al gratuito patrocinio i redditi del figlio come riportati nella dichiarazione ai fini IRPEF. Era rimasto quindi escluso da tale calcolo importo di circa euro 4625,00 percepito da quest’ultimo quale indennità di disoccupazione agricola. Di tale cifra, tuttavia, il ricorrente dichiarava di non poter avere contezza, proprio perché voce rispetto alla quale non aveva alcun diretto controllo.

La Cassazione, con la sentenza n. 46398/2018, ha ritenuto di accogliere il ricorso dell’impugnate. Per gli Ermellini, infatti, il giudice territoriale aveva omesso di considerare che il reddito non dichiarato non era stato inserito in alcuna dichiarazione fiscale. Pertanto una verifica meramente cartolare delle entrate dei congiunti conviventi nel periodo fiscale di riferimento non avrebbe consentito all’imputato di riportare una tale voce reddituale.

La consapevolezza delle effettiva acquisizione da parte del figlio del contributo assistenziale non poteva ritenersi presunta.

Si trattava, infatti, di un beneficio una tantum che afferiva alla persona del figlio e atteneva a un periodo temporale antecedente a quello della richiesta. Ciò, pertanto, escludeva l’elemento soggettivo del dolo generico con conseguente proscioglimento dell’imputato perché il fatto non costituisce reato.

Tuttavia, nell’esaminare la vicenda, i Giudici del Palazzaccio hanno chiarito che la responsabilità per il reato in esame deriva dalla violazione dell’art.95 D.Lgs 115/2002 che riconduce la sanzione penale alla falsità totale e parziale, nonché alle omissioni della dichiarazione sostitutiva della certificazione. Di regola, pertanto, non può assumere rilievo la deduzione di una ignoranza incolpevole, ai sensi dell’art. 47 del codice penale.

 

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