Respinto il ricorso di un automobilista condannato per aver provocato un incidente a seguito del quale il danneggiato subiva l’amputazione della coscia sinistra (Cassazione penale, sez. IV, 25/06/2021, n. 24843)

La Corte di Appello di Bari confermava la sentenza con cui l’automobilista è stato condannato, previo riconoscimento dell’attenuante comune del risarcimento del danno, alla pena di anni 2 e mesi 10 di reclusione, con applicazione della sanzione amministrativa della revoca della patente, per i reati di cui all’art. 590-bis c.p., commi 1 , 2 e 8, per aver cagionato, alla guida del proprio veicolo, in stato di alterazione psico-fisica conseguente all’assunzione di sostanza stupefacente di tipo cocaina e di, ebbrezza alcolica, lesioni gravissime al motociclista che provocavano l’amputazione della coscia sinistra.

L’imputato, nel percorrere un tratto di strada caratterizzato dal limite di velocità di 40km/h, divieto di soprasso e striscia bianca longitudinale continua, intraprendeva una curva a sinistra a velocità superiore a quella consentita ed imposta dalle condizioni dei luoghi, dopo avere sorpassato il veicolo che lo precedeva, invadeva l’opposta corsia, impattando violentemente contro il ciclomotore.

Avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione l’imputato, deducendo:

1) il travisamento della perizia tecnica d’ufficio e l’omessa valutazione delle SIT rese dal conducente del ciclomotore in data 28 ottobre 2018, da cui è derivata l’illogicità della motivazione in ordine all’esclusione dell’attenuante del concorso di colpa del conducente dell’altro mezzo coinvolto ed in particolare in ordine alla deduzione difensiva avente ad oggetto la violazione, da parte di quest’ultimo, dei limiti di velocità e dell’obbligo di procedere in prossimità del margine destro della carreggiata (in particolare la Corte territoriale avrebbe introdotto nella motivazione una informazione rilevante, ma inesistente, relativa al punto di impatto tra i veicoli, e non avrebbe, invece, valutato le dichiarazioni decisive di B. sulla sua posizione al momento del sinistro, così come avrebbe escluso l’eccesso di velocità dell’altro mezzo in assenza di una valutazione rigorosa; difatti, nella perizia di ufficio, allegata al ricorso, p. 22, si legge “dal momento che non vi sono altre tracce nè sulla carreggiata nè sul marciapiede, è conseguenziale attribuire queste tracce allo scarrocciamento della ruota posteriore del ciclomotore”; tuttavia “a riguardo non vi è certezza”, atteso che “alcuni dei tradizionali elementi di riferimento, quali le posizioni di entrambi i veicoli dopo l’urto, incisioni sul manto stradale e così via mancano o non stati rilevati dagli Agenti intervenuti sul luogo del sinistro. Appare, infatti, non rilevata nè dai carabinieri intervenuti dopo il sinistro nè presente nella documentazione agli atti, una traccia di scarrocciamento ad andamento leggermente obliquo rispetto alla carreggiata… da attribuirsi verosimilmente alla ruota posteriore del ciclomotore”, mentre B. ha dichiarato: “ho visto sopraggiungere un’altra autovettura….mi sono avvicinato il più possibile al marciapiede, procedendo sempre la marcia”);

2) la violazione di legge ed il vizio di motivazione in ordine al diniego delle generiche, fondato su elementi già valutati ai fini della quantificazione della pena (gravità della condotta e delle conseguenze) e su una condotta antecedente a quella in esame (da cui è originata una misura cautelare).

Gli Ermellini ritengono il ricorso infondato.

Sul travisamento della prova e la manifesta illogicità della motivazione in ordine al concorso di colpa del conducente del motociclo, il Collegio osserva che “ai fini della deducibilità del vizio di travisamento della prova, che si risolve nell’utilizzazione di un’informazione inesistente o nella omessa valutazione della prova esistente agli atti, è necessario che il ricorrente prospetti la decisività del travisamento o dell’omissione nell’ambito dell’apparato motivazionale sottoposto a critica”.

Il travisamento della prova lamentato può essere dedotto con il ricorso per cassazione, nel caso di cosiddetta doppia conforme, solo laddove il giudice di appello, per rispondere alle critiche contenute nei motivi di gravame, abbia richiamato dati probatori non esaminati dal primo giudice, oppure quando entrambi i giudici del merito siano incorsi nel medesimo travisamento delle risultanze probatorie acquisite in forma di tale macroscopica o manifesta evidenza da imporre, in termini inequivocabili, il riscontro della non corrispondenza delle motivazioni di entrambe le sentenze di merito rispetto al compendio probatorio acquisito nel contraddittorio delle parti.

Le doglianze del ricorrente sono inammissibili in quanto carenti della decisività degli elementi probatori asseritamente travisati e, dall’altro, non ci si trova di fronte né ad elementi utilizzati per la prima volta dal Giudice di appello per rispondere alle censure contenute nell’impugnazione, né ad una macroscopica ed evidente divergenza delle motivazioni rispetto al dato probatorio.

Riguardo, invece, la velocità di marcia del motociclo, il ricorrente non si confronta con il passaggio motivazionale della sentenza secondo cui “non vi è prova che il superamento del limite di velocità di 5 km/h da parte del predetto conducente abbia in qualche modo concorso alla causazione dell’evento lesivo; in particolare, non ricorre la prova controfattuale che viaggiando ad una velocità inferiore di 5 km/h rispetto a quella tenuta, il sinistro non si sarebbe verificato ovvero si sarebbe verificato con conseguenze diverse e più favorevoli”, limitandosi ad insistere sulla necessità di verificare l’eventuale colpa del conducente della moto, ma senza evidenziare una contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione sul nesso causale.

Il secondo motivo, inerente il diniego delle generiche, è anch’esso infondato.

Il Giudice di merito esprime un giudizio di fatto, la cui motivazione è insindacabile in sede di legittimità, purchè sia non contraddittoria e dia conto, anche richiamandoli, degli elementi, tra quelli indicati nell’art. 133 c.p., considerati preponderanti ai fini della concessione o dell’esclusione.

Inoltre, secondo l’orientamento consolidato, ai fini della determinazione della pena, il giudice può tenere conto più volte del medesimo dato di fatto, sotto differenti profili e per distinti fini, senza che ciò comporti lesione del principio del ne bis in idem.

Il ricorso viene rigettato ed il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali.

Avv. Emanuela Foligno

Sei stato coinvolto in un incidente stradale? hai subito un danno fisico o perso un congiunto e vuoi ottenere il massimo risarcimento danni? Clicca qui

Leggi anche:

Lesioni causate da omessa custodia della strada e nesso causale

- Annuncio pubblicitario -

LASCIA UN COMMENTO O RACCONTACI LA TUA STORIA

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui