Il camice bianco è stato condannato a versare circa 155 mila euro per le lesione al nervo facciale riportata da una donna durante un intervento eseguito nel 2008

Avrebbe causato la lesione del nervo facciale destro, con conseguente paralisi, a una ventisettenne affetta da colesteatoma congenito, ovvero “una massa in accrescimento progressivo, localizzata nell’orecchio, da trattare chirurgicamente e da sottoporre a periodici interventi di pulizia del cerume dal condotto uditivo”. Una condotta gravemente colposa per la quale un medico chirurgo è stato condannato dalla Corte dei Conti a versare circa 155 mila euro alla struttura ospedaliera lombarda presso cui aveva avuto luogo l’intervento, a sua volta condannata in sede civile a risarcire la paziente danneggiata. Per i Giudici il camice bianco, in base alle sue approfondite conoscenze chirurgiche, avrebbe potuto prevedere e prevenire l’evento dannoso.

La vicenda – come ricostruisce il Giorno – ha inizio nel 1997, quando la donna viene sottoposta a un intervento di “timpanoplastica chiusa” al quale fanno seguito altre due operazioni identiche e una quarta di “timpanoplastica aperta” nel 2002.

Nell’ottobre del 2008 la paziente finisce nuovamente sotto ai ferri ma, nel corso delle manovre di “detersione della cavità da materiale ceruminoso-epidermico, si verifica la comparsa di una paralisi improvvisa del nervo facciale”.

Da li la causa intentata nei confronti della struttura sanitaria, che viene condannata.

Dagli accertamenti peritali, infatti, emerge che il nervo è stato lesionato con l’uso di “strumenti acuminati (un uncino otologico, ndr)”. Per i consulenti del Tribunale – riferisce ancora il Giorno – l’intervento avrebbe dovuto essere eseguito “con modalità diverse, facendo precedere l’asportazione del cerume e dell’escrescenza della pelle dalla somministrazione di gocce emollienti che ne favorissero il distacco o comunque l’ammorbidimento”; inoltre, secondo gli esperti incaricati, “il quadro clinico della paziente doveva essere ben noto all’equipe che ha eseguito l’intervento, posto che tutti gli altri interventi analoghi erano stati eseguiti presso la medesima struttura”.

Il caso è quindi approdato alla Corte dei Conti. In primo grado il chirurgo era stato assolto in quanto, in base alla consulenza tecnica del Ministero della Salute, non vi sarebbero state alternative “di pari efficacia” a quel tipo di cura e la conseguenza sarebbe stata “inaspettata e imprevedibile”. La prima pronuncia, tuttavia, è stata ribaltata in appello con il riconoscimento della responsabilità del professionista per “la paralisi completa del VII nervo cranico di destra con importanti ripercussioni non solo sulla salute”, ma anche sulla sua vita sociale, “irrimediabilmente pregiudicata”.

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