La situazione di precarietà del coniuge separato non può costituire un valido motivo per negare al coniuge più debole l’assegno di mantenimento

La vicenda

All’esito del giudizio di separazione personale tra i coniugi, il Tribunale di Palermo aveva revocato l’assegno di mantenimento di 100 euro disposto in via provvisoria dal Presidente del Tribunale in favore della moglie.

La decisione era fondata sul fatto che la donna avesse piena capacità lavorativa, in considerazione dell’età (48 anni) e della particolare specializzazione professionale (architetto), per cui non era emersa alcuna particolare difficoltà per la predetta di inserirsi proficuamente nel mondo del lavoro, tenuto anche conto del fatto che la stessa collaborava da tempo con diverse testate giornalistiche, scrivendo articoli e recensioni e che svolgeva prestazioni di lavoro occasionali.

Le sue capacità economiche erano, inoltre, state valutate in relazione al fatto che ella si fosse trasferita in un’altra abitazione, situata in una zona della città (di Palermo) dove i canoni di locazione erano notevolmente più elevati.

Il marito invece, era al momento disoccupato, a causa dell’interruzione e della mancata rinnovazione del rapporto di lavoro con la Regione Sicilia; per il resto, svolgeva lavori soltanto saltuari.

Quanto ai figli, entrambi erano maggiorenni ma nessuno dei due aveva raggiunto l’indipendenza economica; sicché il giudice di primo grado aveva riconosciuto loro un assegno di mantenimento di 150 e 100 euro mensili a carico del padre, rispettivamente in favore della figlia (da poco laureata e priva di occupazione) e dell’altro figlio (che aveva avviato un’attività imprenditoriale, ma senza uno stabile profitto), oltre al 50% delle spese straordinarie.

Il giudizio d’appello

La Corte d’Appello di Palermo (sentenza n. 1916/2019) ha ribaltato l’esito del processo ripristinando il diritto della ricorrente all’assegno di mantenimento nella misura determinata in via provvisoria dal Presidente del Tribunale.

Dal confronto fra le rispettive situazioni reddituali era emerso in modo evidente una certa discrepanza, non avendo l’ex coniuge dimostrato che la moglie percepisse dalla sua attività “giornalistica” significative risorse economiche. Egli, invece, era un dipendente della regione Siciliana con la quale rinnovava, annualmente, il contratto di collaborazione, che gli garantiva uno stipendio di circa 25.000 euro annui.

La situazione di precarietà dedotta dall’uomo “non [poteva] certo costituire un valido motivo per negare, allo stato, al coniuge più debole qualsiasi contributo, potendo semmai solo un’eventuale definitiva interruzione del rapporto di lavoro costituire un “fatto sopravvenuto” idoneo a richiedere la revisione delle condizioni economiche della separazione

Il diritto all’assegno di mantenimento

Da tempo la giurisprudenza della Suprema Corte ha precisato che “le condizioni per il sorgere del diritto al mantenimento nella fase della separazione sono la sussistenza di una disparità economica tra le parti e la circostanza che uno dei due coniugi non sia titolare di adeguati redditi propri, cioè di redditi che permettano di mantenere un tenore di vita analogo a quello goduto in costanza di matrimonio, inteso come standard di vita reso oggettivamente possibile dal complesso delle risorse economiche dei coniugi”.

La separazione personale, infatti, presuppone la permanenza del vincolo coniugale sicché i “redditi adeguati” cui va rapportato, ai sensi dell’art. 156 c.c., l’assegno di mantenimento in favore del coniuge, in assenza della condizione ostativa dell’addebito, sono quelli necessari a mantenere il tenore di vita goduto in costanza di matrimonio, essendo ancora attuale il dovere di assistenza materiale che non presenta alcuna incompatibilità con tale situazione temporanea, dalla quale deriva solo la sospensione degli obblighi di natura personale di fedeltà, convivenza e collaborazione.

Facendo applicazione dei richiamati principi di diritto, la Corte siciliana ha ritenuto sussistenti le condizioni per ripristinare l’assegno di mantenimento in favore della moglie, e confermare il contributo economico in favore della figlia neo laureata; mentre è stato revocato l’assegno per l’altro figlio maggiorenne, non più convivente con la madre.

La redazione giuridica

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