Il termine di prescrizione per l’inabilità permanente da malattia professionale decorre o dal momento di manifestazione della malattia, oppure dalla data di ricevimento della denuncia all’Inail (Tribunale di Cosenza, Sez. lavoro, sentenza n. 348/2021 del 10 febbraio 2021)

Con distinti ricorsi successivamente riuniti il lavoratore, premettendo di aver lavorato per molti anni come minatore-lancista all’interno di gallerie e presso cantieri autostradali, lamenta che lo svolgimento della predetta attività lavorativa ha determinato le patologie di silicosi e angioneurosi.

L’Inail – in sede amministrativa- rigettava le domande adducendo come insufficiente la documentazione prodotta e l’impossibilità di esprimere un parere Medico-Legale.

Si costituisce in giudizio l’Inail eccependo la prescrizione e rilevando l’infondatezza della domanda per l’assenza del rischio lavorativo denunciato.

La causa viene istruita attraverso prova testimoniale e CTU Medico-Legale.

Preliminarmente il Tribunale rigetta l’eccezione di prescrizione sollevata dall’Inail.

Il termine di prescrizione per conseguire le prestazioni per inabilità permanente derivanti da malattia professionale decorre dal momento di manifestazione della malattia stessa.

Nello specifico: nel caso di malattia che non ha provocato astensione dal lavoro (cioè che si è manifestata dopo l’abbandono della lavorazione che l’ha causata) il termine decorre dalla data di arrivo all’Inail del certificato medico o della denuncia del datore di lavoro; mentre nel caso di malattia che ha provocato astensione dal lavoro la decorrenza risale al primo giorno di completa astensione, inteso come effettivo abbandono dell’attività a causa della malattia.

Nella seconda ipotesi, ovverosia quando il lavoratore si è astenuto dal lavoro, il lavoratore che voglia posticipare il decorso del termine iniziale di prescrizione ha l’onere di dimostrare che la manifestazione della malattia si é verificata in epoca successiva all’abbandono del posto di lavoro.

Invece, nel primo caso, ovverosia quando la malattia si è manifestata dopo l’abbandono della lavorazione che l’ha causata, la decorrenza della prescrizione deve essere ricondotta alla data del consolidamento dei postumi indennizzabili.

La Suprema Corte, più volte, ha affermato che il termine di prescrizione dell’azione diretta a conseguire la rendita da inabilità permanente per malattia professionale decorre dal momento in cui uno o più fatti concorrenti forniscano certezza dell’esistenza dello stato morboso o della sua conoscibilità da parte dell’assicurato, in relazione anche alla sua eziologia professionale e al raggiungimento della misura minima indennizzabile, precisando che laddove l’assicurato si sia sottoposto ad esami diagnostici per l’accertamento delle patologie professionali, si presume che lo stesso sia venuto a conoscenza del manifestarsi della malattia contestualmente, o nei giorni immediatamente successivi agli esami, gravando sul medesimo l’onere di provare di non averne, invece, avuto tempestiva conoscenza.

Dalla documentazione medica allegata agli atti non si desume che il lavoratore abbia avuto contezza della malattia professionale, da cui era derivata la angioneurosi, in data antecedente alla domanda.

Ebbene, considerando che le domande amministrative sono del 22.3.2014, il ricorso del l’11.3.2017 è stato presentato nel rispetto dei termini normativamente previsti.

Ciò chiarito in via preliminare, nel merito il ricorso del lavoratore viene considerato fondato.

Previa disamina sulla normativa di settore, il Tribunale evidenzia che secondo la nuova prestazione è indennizzabile integralmente il danno biologico – salvo che per le menomazioni di grado inferiore al 6 % – mediante la corresponsione di un indennizzo ” aredittuale ” che viene erogato sotto forma di capitale quando la menomazione sia di grado inferiore al 16%, ovvero sotto forma di rendita quando la menomazione stessa superi tale ultima percentuale. In tale ultimo caso detta rendita viene integrata da una quota aggiuntiva destinata a ristorare anche le conseguenze patrimoniali del danno.

Ciò detto, viene precisato che l ‘ordinamento appresta una tutela assicurativa con riguardo alle malattie professionali basato su un sistema misto, che contempla le ipotesi previste in un’apposita lista (c.d. malattie tabellate) e quelle non incluse in detta tabella.

All’esito dell’attività istruttoria svolta, le circostanze relative alle mansioni svolte dalla parte ricorrente hanno trovato conferma.

I testi escussi hanno confermato che il ricorrente svolgeva le mansioni elencate in ricorso introduttivo di minatore e lancista impiegato nel sottosuolo e nei cantieri autostradali.

Provate l’attività lavorativa e le mansioni, in punto di integrità fisica il CTU ha concluso accertando, in definitiva, un grado di menomazione dell’integrità psicofisica pari al 10% .

Il Tribunale ritiene le conclusioni cui è pervenuto il CTU immuni da vizi logici, esaurienti ed accurate e, dunque, vengono interamente condivise in accoglimento della domanda del lavoratore.

In conclusione, viene dichiarata la natura professionale della malattia contratta dal ricorrente dalla quale è derivato un danno biologico nella misura pari al 10 %, e viene condannato l’Inail al pagamento dell’indennizzo da erogare in capitale nella misura pari a quella accertata.

Spese di lite e di CTU vengono poste in capo all’Inail.

Avv. Emanuela Foligno

Hai vissuto una situazione simile e vuoi ottenere, in breve tempo, il riconoscimento dei tuoi diritti? Scrivici per una consulenza gratuita di procedibilità a redazione@responsabilecivile.it o invia un sms, anche vocale, al numero WhatsApp 3927945623

Leggi anche:

Pensione di vecchiaia anticipata e finestre di accesso per gli invalidi

- Annuncio pubblicitario -

LASCIA UN COMMENTO O RACCONTACI LA TUA STORIA

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui